Revista crítica de Derecho Canónico Pluriconfesional / Rivista critica di diritto canonico molticonfessionale


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L’insegnamento del diritto canonico ed ecclesiastico in alcune università italiane (Torino, Milano, Pavia, Padova e Trieste) nel primo secolo dell’unità d’Italia

Luciano MUSSELLI*


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Luciano Musselli (2014): “L’insegnamento del diritto canonico ed ecclesiastico in alcune università italiane (Torino, Milano, Pavia, Padova e Trieste) nel primo secolo dell’unità d’Italia”, en Revista crítica de Derecho Canónico Pluriconfesional, n. 1 (abril 2014), pp. 193-206.

Resumen: Se realiza un examen de las enseñanzas de Derecho canónico y de Derecho eclesiástico en diversas Universidades italianas, todas ellas del norte de Italia, en concreto las de Turín, Milán, Pavía, Padua y Trieste. Se ofrecen detalles sobre los contenidos de las enseñanzas y sobre el perfil académico y científico de los profesores que ejercieron la tarea docente. Por estas páginas van apareciendo los creadores del Derecho eclesiástico y los profesores laicos de Derecho canónico en las Universidades públicas. Palabras clave: Derecho canónico, Derecho eclesiástico, Historia del derecho canónico, Universidad de Turín, Universidad de Milán, Universidad de Pavía, Universidad de Padua, Universidad de Trieste.

Resum: Es realitza un estudi dels ensenyaments de Dret canònic i de Dret eclesiàstic en diverses Universitats italianes, totes elles del nord d'Itàlia, en concret les de Torí, Milà, Pavia, Pàdua i Trieste. S'ofereixen detalls sobre els continguts dels ensenyaments i sobre el perfil acadèmic i científic dels professors que van exercir la tasca docent. Per aquestes pàgines van apareixent els creadors del Dret eclesiàstic i els professors laics de Dret canònic a les Universitats públiques.

Paraules clau: Dret canònic, Dret eclesiàstic, Història del dret canònic, Universitat de Torí, Universitat de Milà, Universitat de Pavia, Universitat de Pàdua, Universitat de Trieste.

1. Premessa

Parlare dell’insegnamento del diritto ecclesiastico e del diritto canonico nelle Università del Nord Italia – o almeno nelle principali di esse – a partire dall’Unità nazionale (1861), rischia di trasformarsi in un’impresa estremamente difficile ed in una esposizione estremamente noiosa, con elencazione di decine di nomi e di dati biografici e bibliografici, di vicende accademiche, nonché degli accadimenti politici e sociali avvenuti nel quadro di un secolo e mezzo di storia italiana.

Una differente chiave di lettura di tale percorso, più originale, potrebbe essere quella dell’evoluzione della dottrina giuridica e delle scuole o correnti dottrinali del diritto ecclesiastico, della connotazione ideologica e culturale della materia e del trasformarsi del suo contenuto nel tempo, a seconda anche dei luoghi e del perché di questo trasformarsi.

Un ulteriore aspetto potrebbe poi essere individuato nella storia della didattica della materia e nell’analisi della sua metodologia scientifica e dei testi d’esame; ambito, quest’ultimo, in cui possiamo notare il passaggio da un manuale d’importazione quello del Friedberg, adattato alla realtà italiana da Francesco Ruffini o manuali preparati dai singoli docenti a testi significativi di un indirizzo o di una scuola, come quelli di Jemolo e di Del Giudice.

Ultima prospettiva è quella della storia culturale ed ideologica del diritto ecclesiastico, materia che, con il tempo, evolve da una matrice liberale e poi crociana verso impostazioni spesso di ambito cattolico (tradizionale o meno), per poi tornare a dividersi, in tempi più recenti, tra posizioni filocattoliche e posizioni di tipo laico e libertario 1.

In questo itinerario di ricerca siamo aiutati e sorretti da molti e assai validi studi (quelli di Silvio Ferrari, Iván Ibán, Mario Tedeschi), dai frutti di appositi convegni, promossi in particolare da Valerio Tozzi e dai suoi allievi, da riproposizioni di tematiche classiche quali l’opera di Scaduto, fino a contributi molto recenti 2. Ciò per quanto riguarda il diritto ecclesiastico (dello Stato), mentre altri sforzi ricostruttivi, a partire da quello di Maria Vismara, sono stati dedicati in modo autonomo e specifico al diritto canonico e alla sua didattica.

2. Il momento di partenza… e quello di arrivo

Tutto questo discorso acquista legittimità ed attualità (dato che gli odierni docenti sono “figli di questa realtà” e ad essa rimangono legati) a datare dall’Unità d’Italia, quando il sistema universitario italiano assunse un carattere unitario ed omogeneo, ed in particolare dal decennio di fine secolo, quando, grazie alle opere di Ruffini e Scaduto, il diritto ecclesiastico cominciò ad assumere un profilo proprio e peculiare, che manterrà, come materia autonoma e distinta dal diritto canonico, in pratica fino ad oggi, seppure con le importanti variazioni contenutistiche intervenute nel frattempo.

Con questo non si vuole assolutamente dire che non esistesse, in varie facoltà, un insegnamento di diritto ecclesiastico (spesso da intendersi nel senso di diritto canonico, integrato o meno con la legislazione civile), o che mancassero i contatti tra i vari docenti ed ordinamenti giuridici dell’Italia preunitaria. Emblematico è il caso del veneto Giovan Battista Pertile, che passò ad insegnare diritto ecclesiastico a Padova dopo averlo insegnato a Pavia (anche se, in quel caso, non bisogna dimenticare che il quadro politico e giuridico entro cui il docente si mosse rimase il medesimo, quello del Lombardo-Veneto austriaco). Il panorama della disciplina, e lo spirito con cui queste materie venivano insegnate, cambiò tuttavia dopo la soppressione delle cattedre di diritto canonico, negli anni successivi all’Unità d’Italia, tematica sulla quale esiste oggi una vasta produzione scientifica, recentemente ravvivata da un ottimo saggio 3.

L’immagine della materia e dei suoi professori, prima che apparisse la stella di Ruffini – il quale importò in Italia una tipologia di giurista colto (allora rinvenibile solo nella tradizione germanica), nel quale gli interessi storici si compenetrano con quelli più strettamente giuridici – era piuttosto tradizionale e, nel complesso, poco esaltante. Si trattava, solitamente, di ecclesiastici, i quali tenevano fino a tarda età corsi, ripetitivi per formule e contenuti, sul diritto canonico e le sue fonti; in tale contesto venivano approfondite alcune materie, sempre di ambito canonistico, corredando l’esposizione con elementi della legislazione civile vigente negli Stati ove i medesimi espletavano il loro insegnamento. Con una breve considerazione di merito, si può rilevare come tali elementi fossero ancora ispirati ad un moderato giurisdizionalismo. Si possono citare, come esempio di tali tendenze didattiche, i testi dei docenti padovani Nardi e Pertile che emergevano, per importanza e valore, nel quadro della materia.

In fondo, si tratta di quello che faranno in seguito anche i grandi Friedberg e Ruffini, seppure con un livello qualitativo molto diverso caratterizzato da un forte interesse per la storia giuridica ed in un quadro ideologico di tipo laico, arricchendo la materia trattata alla luce della storia e della speculazione scientifica. Occorre quindi fare attenzione, quando si afferma che Scaduto e Ruffini diedero vita ad un diritto ecclesiastico totalmente nuovo, perché nuovo fu, in buona misura, nello spirito e nel metodo, ma solo in parte nel contenuto. Per quanto riguarda Ruffini, occorre anche considerare l’importanza dell’autore per lo sviluppo di una scienza canonistica laica 4. In generale, lo spirito liberale diede innegabilmente un nuovo impulso culturale a questa materia, che si rinnovò rispetto al vecchio insegnamento, che sapeva di stantio ed era poco gradito, oltre che ai Governi, anche agli studenti. I quali (come testimonia, per Padova, una lettera di Giovan Battista Pertile 5) spesso non volevano più saperne di seguirlo. Fisserei quindi l’attenzione, più che sugli stanchi epigoni dell’insegnamento preunitario del diritto ecclesiastico, sull’inizio di una nuova stagione e sull’affermarsi di più aggiornate concezioni.

Il punto di arrivo si colloca poco dopo la metà del Novecento in un clima di profonda trasformazione che vede fenomeni epocali come il Concilio Vaticano II e, nel nostro campo il rinascere e proliferare di corsi specifici di diritto canonico nettamente distinti da quelli di diritto ecclesiastico ma spesso, se non addirittura di norma, impartiti dai medesimi docenti ai quali si richiedeva sostanzialmente una conoscenza organica sia del diritto canonico sia del diritto ecclesiastico dello stato.

3. Il quadro d’insieme del Nord-Italia

Prendendo le mosse da una figura la cui importanza è universalmente riconosciuta, l’insegnamento di Francesco Ruffini è paragonabile ad una cometa. Torinese di formazione egli inizia il suo insegnamento a Pavia, passa ben presto a Genova, ove si ferma per alcuni anni, ed approda poi definitivamente a Torino, ove il suo astro rifulgerà per decenni. Le sedi di Torino e Genova resteranno, poi, nell’alveo ideale tracciato da Ruffini e dalla sua scuola, per opera dei suoi allievi e successori, Moresco e Bertola , anche se le idee di Ruffini in merito al Concordato ed il suo rigoroso separatismo saranno superati in nome del nuovo corso degli eventi; inoltre, la sua scuola si estende, con Mario Falco, anche a Milano. In ogni caso, anche nelle aree interessate dagli influssi ruffiniani, tale preminenza intellettuale non fu totalizzante; oltre al già citato abbandono dell’ostilità all’idea concordataria, il peso delle posizioni di Scaduto emerse, talora con forza, a Genova, con il romanista Manenti, ed a Pavia, con Schiappoli (non a caso di formazione toscana e centro-meridionale); anche in tali atenei, Ruffini non cessò comunque di essere un punto di riferimento e di raffronto essenziale, prima del Concordato del 1929.

Con l’era del Concordato ed il ritorno dell’alleanza fra Trono ed Altare, l’influenza di Ruffini pare attenuarsi, anche se lascerà tracce più durature nell’impostazione storiografica di alcuni grandi studiosi del Nord, liberi da stretti vincoli di scuola, come Cesare Magni a Milano, e in quella dei docenti pavesi di diritto ecclesiastico, che – dopo Domenico Schiappoli e prima di Tommaso Mauro – per molti decenni furono storici del diritto. Anche l’idea ruffiniana della centralità della dimensione della libertà religiosa (idea ripresa dal Magni, come ben nota Silvio Ferrari) risorgerà con potenza a vita nuova, dopo una fase di ibernazione, proprio in ambito lombardo e piemontese, in anni recenti, e continua tuttora a proporsi con forza all’attenzione degli studiosi 6. Quando, per varie ragioni, sfiorirà l’impostazione di studio fondata sull’esegesi del Concordato, l’interesse ruffiniano per la libertà religiosa come punto focale del diritto dei rapporti tra Stato e Chiesa riemergerà dunque nel pensiero e nell’opera dei docenti milanesi, nonché a Genova (quantomeno presso la Facoltà di Scienze politiche) ed a Pavia, mantenendovi una posizione primaria sino ad oggi.

Con l’insegnamento di Guido Saraceni a Padova, queste istanze non tradizionali, ora arricchite da un afflato cattolico e canonistico, approderanno anche in tale gloriosa Università e la speculazione dottrinale vi sarà continuata, ponendo al centro dell’attenzione l’idea della libertas Ecclesiae.

In un quadro in cui l’influsso di Ruffini interagisce in modo dialettico con l’impostazione filocuriale e cattolico-tradizionale (interpretata in modo originale da una mente raffinata e sensibile come quella di Orio Giacchi; l’Orio Giacchi dello studio sul libertinismo), in talune sedi – come a Genova – vissuta con minori preoccupazioni culturali, altrove – come a Pavia, con Tommaso Mauro – letta in spirito di conciliazione con la visione cattolico-liberale di un Arturo Carlo Jemolo, non è lecito, a mia opinione, parlare di un superamento delle idee e del magistero del docente e senatore torinese. Le suggestioni ruffiniane, ora rilanciate da Jemolo, sono come un lievito, o meglio una brace che cova sotto le ceneri anche nei tempi di più pesante confessionismo post 1950. Tali posizioni culturali daranno di nuovo i loro frutti, dopo l’autunno del Concordato, con quell’idea di diritto ecclesiastico come legislatio libertatis, che all’opera ed al pensiero dei docenti di quest’area, ed in particolare di quelli milanesi, moltissimo deve (si pensi alla trasmissione di un patrimonio di valori ed idee da Ruffini a Falco, e poi, tramite anche il laico Cesare Magni, ad Enrico Vitali, a cui si accompagna un costante interesse per la storia ed in particolare la storia vista anche come strumento per meglio comprendere ed illuminare il presente).

4. Le singole università: Genova

A Genova l’insegnamento del diritto ecclesiastico in senso moderno si riconnette alla venuta di Ruffini, negli anni Novanta dell’Ottocento 7. Contrariamente a ciò che accadde in altre sedi, come a Pavia, ove antecedentemente a quel periodo l’insegnamento del diritto canonico e poi ecclesiastico era impartito secondo modalità tradizionali e per lo più da ecclesiastici, nel capoluogo ligure troviamo nel predecessore di Ruffini, Stefano Castagnola, un giurista ed uomo politico liberale (fu anche ministro del Regno) di vastissimi interessi, tra i quali spicca lo studio delle relazioni tra Chiesa e Stato, materia a cui dedicò anche un libro 8.

Dopo gli anni di Ruffini, a Genova la materia venne insegnata con passione e competenza da Carlo Manenti (1860-1929), romanista ma anche cultore di diritto ecclesiastico, materia in cui aveva conseguito la libera docenza ed alla quale aveva dedicato un sua prolusione 9. Sebbene si ispirasse a Scaduto, Manenti aperse la strada ad un allievo di Ruffini, Mattia Moresco. Quest’ultimo insegnò diritto ecclesiastico a Genova per quasi tutta la prima metà del Novecento, anche se il suo magistero era destinato a concludersi alla fine della seconda guerra mondiale fra le travagliate vicende politiche tipiche del suo tempo, che lo vide prima rettore dell’Università e senatore del Regno 10.

Accanto alla figura, oggi quasi dimenticata, di questo importante ecclesiasticista della prima metà del Novecento, va menzionata quella di colui che continuò l’insegnamento del diritto ecclesiastico dalla metà del Novecento in avanti: Andrea Piola, che insegnò questa materia dal 1946 al 1975, interessandosi alla tematica del Concordato lateranense ed a quella dei rapporti tra Chiesa e Stato, con scritti che risentono dell’impostazione confessionista imperante ai suoi tempi e del cattolicesimo “osservante” professato dall’autore. Interessante rimane la sua metodologia, riscontrabile in quella che è forse la sua principale opera: La questione romana nella storia e nel diritto 11. Suscitano interesse anche le sue aperture al diritto ecclesiastico comparato, inusuali ai suoi tempi.

In quest’epoca, nell’ambito della Facoltà di Scienze politiche, ha origine un altro insegnamento di elementi di diritto ecclesiastico, impartito da Lazzaro Maria De Bernardis (Genova, 1909-1996). Egli seppe unire finemente interessi storici ed acutezza di analisi giuridica, di cui diede prova – ad esempio – nel volume dedicato al matrimonio di coscienza 12. De Bernardis fu anche un’importante figura della cultura genovese del suo tempo e, nell’ambito del diritto ecclesiastico, un docente attento sia al diritto positivo che alla storia (in particolare a quella dei sinodi liguri), aperto alle nuove esigenze ed ai fermenti dei suoi tempi 13.

Per quanto riguarda la Facoltà di giurisprudenza, dopo il pensionamento di Piola nessun docente di ruolo insegnò più diritto ecclesiastico né diritto canonico.

Il diritto canonico fu insegnato per un lungo periodo da quel poliedrico personaggio ed esponente di punta del mondo cattolico genovese che fu Antonio Boggiano Pico (Savona, 1873-Genova, 1965), che terminò il suo magistero con l’anno accademico 1947-1948, lasciando l’insegnamento per un seggio al Senato (organo a cui venne eletto più volte, diventando in seguito anche vicepresidente del Consiglio d’Europa, nonostante l’ormai tarda età). Gli succedette, come insegnante della materia, De Bernardis e, dopo il suo passaggio a Scienze politiche, il medesimo Andrea Piola 14.

5. Torino

A Torino insegnò Francesco Ruffini, in qualità di storico del diritto prima, e poi come titolare della cattedra di diritto ecclesiastico, che tenne per il primo trentennio del Novecento. La sua didattica ed i suoi interessi si svilupparono, muovendo dalla manualistica di tradizione friedberghiana e dagli studi storici, verso la valorizzazione della libertà religiosa, della quale teorizzò la configurazione di diritto pubblico soggettivo nel Corso del 1924 15, e dei diritti di libertà, a cui dedicò uno studio edito nel 1926 16, in seguito ripubblicato e valorizzato in epoca repubblicana 17.

L’insegnamento di Ruffini (ordinario dall’anno accademico 1908-1909 all’anno accademico 1930-1931) si concluse, come detto, con un luminoso esempio di coerenza ed integrità morale, quando egli lasciò la sua cattedra per non sottostare al giuramento fascista; tale insegnamento fu continuato da un suo allievo, che coltivò tuttavia interessi e metodologia molto differenti: Arnaldo Bertola, il quale insegnò prima come incaricato e poi come professore di ruolo (dall’anno accademico 1931-1932 all’anno accademico 1959-1960, quando gli succedette Giuseppe Olivero). Anche grazie alle vicende della sua vita, che lo vide magistrato nel Dodecaneso, egli fu uno dei primi studiosi a dedicare attenzione al diritto islamico (materia che tenne per incarico), seppure nell’ottica del diritto coloniale. Arnaldo Bertola 18 fu autore di diffusi ed apprezzati manuali, sia nell’ambito del diritto ecclesiastico che del diritto matrimoniale canonico. Va anzi ricordato come il manuale di Bertola, pubblico da una nota casa editrice torinese, rimanga un punto di riferimento obbligato nella manualistica di diritto matrimoniale canonico relativa al Codex del 1917. Infatti, oltre al diritto ecclesiastico egli insegnò anche diritto canonico, dagli anni Quaranta in avanti, in esito ad un periodo in cui la materia era stata affidata ad un altro allievo di Ruffini, destinato a ricoprire la cattedra della materia a Ferrara: Mario Gorino Causa, esperto di materia concordataria. Per quanto riguarda il suo corso di diritto ecclesiastico, è importante sottolineare la valorizzazione fatta, nell’ultimo periodo del suo insegnamento, dell’art. 8 della Costituzione e la conseguente impostazione pluralistica delle relazioni tra Chiesa – o chiese – e Stato, nonché l’importanza attribuita alla dimensione della libertà religiosa, così valorizzata già dal suo maestro Ruffini 19. Egli fu coautore, con Arturo Carlo Jemolo, di una delle prime raccolte normative attinenti alla materia del diritto ecclesiastico (il Codice ecclesiastico, edito a Padova nel 1937 20).

Ritorna con Bertola, cultore del diritto ecclesiastico e canonico, un approccio esegetico-sistematico da attento e colto giurista positivo, che verrà coltivato anche più tardi, dalla cattedra torinese del suo successore Giuseppe Olivero, che insegnò fino all’anno accademico 1980-1981. Ex magistrato e poi docente autorevole e severo, nonché studioso di grande rigore, anch’egli privilegiò l’approccio giuridico-esegetico ai testi. Nella sua produzione manualistica, ed in particolare nel suo corposo volume di Lezioni di diritto ecclesiastico 21(pubblicato a partire dal 1963), affermò di voler basare la sua analisi sui «principî di parità e libertà» sanciti dalla Costituzione. Anche se poi, in sostanza, la sua trattazione – come anche quella di Bertola – non si discosta in misura significativa dalla consueta tradizione esegetico-interpretativa 22.

Assai diversa sarà l’impostazione del successore di Olivero nella seconda metà del secolo scorso Rinaldo Bertolino studioso dotato di profonda cultura e sensibilità ecclesiale, il maggiore esponente in Italia della corrente scientifica ispirata alla scuola canonistica di Monaco.

Ritornando ad una storia più risalente, il più autentico continuatore del magistero di Ruffini fu un suo allievo, torinese per caso: Arturo Carlo Jemolo, che insegnò per un certo periodo a Milano. Egli, come il maestro, coltivò in eguale misura la passione per il diritto e quella per la storia, in una cornice in cui si coniugavano i valori del liberalismo e quelli (più accentuati in Jemolo che nel suo maestro) della religione. La storia non si fa con i “se”, ma se gli eventi avessero consentito a Jemolo di fare un’apparizione meno fugace sulla scena accademica milanese, probabilmente oggi il discorso sull’insegnamento del diritto ecclesiastico nelle Università del Nord sarebbe diverso e forse anche più ricco, per quanto retaggi del magistero di Jemolo emergano in figure, come quella di Mario Falco, che a lui furono legatissime.

6. Pavia

Passando ora alla Lombardia, ed alla sua più antica Università in particolare, va ricordata la significativa presenza a Pavia del sacerdote Antonio Buccellati, storica figura di docente di diritto ecclesiastico e canonico dai tempi dell’unità d’Italia, che in seguito passò all’insegnamento del diritto penale. In anni successivi, dopo che il giovanissimo Francesco Ruffini, nel suo pur breve soggiorno pavese (1892-1893), ebbe fatto rinascere l’interesse per il diritto ecclesiastico, la materia venne insegnata per il primo decennio del Novecento (1900-1911) da Domenico Schiappoli, giurista eminentemente positivo anche se autore dell’unica storia del diritto penale canonico esistente in lingua italiana inserita nell’enciclopedia del diritto penale del Pessina, di cui si farà menzione a lungo negli annuari dell’Università di Pavia, a titolo di professore onorario, anche dopo il suo trasferimento all’Università di Napoli. Egli fu anche l’ultimo professore di ruolo – prima del secondo dopoguerra e, in sostanza, prima di Tommaso Mauro – che sia stato anche un vero cultore del diritto ecclesiastico, materia alla quale dedica un importante manuale destinato ad ampia fortuna 23, anche se in materia scrissero e pubblicarono volumi di lezioni altri docenti, come Arrigo Solmi (storico del diritto italiano e professore di diritto ecclesiastico) 24 e Pietro Vaccari, anch’egli storico del diritto ed incaricato di diritto ecclesiastico e canonico, che dedicò un volume verso la metà del Novecento al matrimonio canonico 25. Dopo di loro, la cattedra di diritto ecclesiastico passò ad un altro docente di formazione ed interessi storico-giuridici, Benvenuto Pitzorno, che la tenne fino a verso la metà del secolo, dando alle stampe anche varie edizioni di lezioni litografate, tratte dai suoi corsi 26.

Appare degno di nota il fatto che, per un lungo periodo, a cavallo tra gli anni ‘40 e la metà del secolo scorso, gli insegnamenti di diritto ecclesiastico a Pavia, a Milano e a Padova, furono impartiti da docenti che erano sostanzialmente degli storici del diritto, avendo scritto in tale ambito le loro più importanti opere, sebbene non disdegnassero di occuparsi di diritto ecclesiastico, tanto nei suoi profili teorici (almeno per quanto riguarda Checchini e Magni), quanto nelle questioni inerenti al matrimonio concordatario. Nel complesso, Pavia costituisce un palcoscenico molto caratteristico, sul quale le due anime del diritto ecclesiastico, quella di un diritto ispirato alla storia (idea interpretata da Solmi, Vaccari e Pitzorno) e quello di un diritto dal preminente carattere positivo (Schiappoli e poi Mauro), si alternarono quasi con regolarità.

La cattedra pavese vide, nella prima parte della seconda metà del Novecento, il lungo magistero di Tommaso Mauro, continuato poi da chi scrive, che fu suo allievo, con la significativa presenza per alcuni anni. Mauro fu il maggiore cultore della materia degli enti ecclesiastici, nonché esperto canonista, e sarebbe passato in seguito all’Università di Napoli. A lui si deve la rinascita pavese del diritto ecclesiastico e, più tardi, anche quella del diritto canonico, materia da lui insegnata per incarico. Come docente di diritto ecclesiastico, egli adottò per la didattica i manuali di Jemolo, suo maestro, aggiungendovi anche la lettura del volume storico sui rapporti tra Chiesa e Stato in Italia. Sotto il profilo didattico, fu tra i primi ad introdurre la prassi delle esercitazioni tra gli studenti del suo corso. Insegna come materia di cattedra dagli anni iniziali di questo secolo.

7. Milano (Cattolica)

Presso l’Università cattolica del Sacro Cuore, dopo un esordio in tono minore con l’insegnamento del futuro vescovo di Bergamo Bernareggi, vennero chiamati a ricoprire le cattedre delle materie, a cui si interessano queste pagine, docenti di prima grandezza: il giovane Arturo Carlo Jemolo (attivo in questa sede dal 1924 al 1927) ed indi Vincenzo del Giudice (1928-1938), la cui presenza fu connotata da maggior stabilità, con ciò favorendo il formarsi di una importante scuola, dalla quale emerse un allievo in particolare, Orio Giacchi.

Con riferimento a Del Giudice, occorre ricordare come l’impostazione di fondo del diritto ecclesiastico, inteso nella sua attuale accezione, e la stessa delineazione di un preciso limes tra tale materia ed il diritto canonico, discendano proprio dall’insegnamento del giurista pugliese; egli portò a compimento l’elaborazione di tali concetti agli inizi della sua docenza in Cattolica, nei tardi anni venti del Novecento. Nella prolusione tenuta per l’inizio delle lezioni della prima cattedra di diritto canonico istituita in Italia dopo l’Unità, l’illustre studioso e docente intraprese quel processo di focalizzazione della materia, che porterà in seguito alla radicale distinzione tra il diritto canonico ed il diritto ecclesiastico, strettamente inteso – quest’ultimo – come diritto di fonte statale. La sua visione era destinata ad essere universalmente accolta soltanto parecchi anni più tardi 27.

Nella speculazione di Del Giudice, la concezione del diritto ecclesiastico è di tipo positivistico e formale e viene attuata una separazione radicale della materia di studio dalla sua stessa storia; si tratta di un approccio molto diverso rispetto a quello dell’altro grande cultore della materia che lo precedette nella medesima sede, Arturo Carlo Jemolo 28. Occorre inoltre mettere in rilievo come risalgano all’epoca della docenza milanese di Del Giudice le prime versioni di quello che diventerà il suo celebre Corso di diritto ecclesiastico, di cui si è occupato mirabilmente Silvio Ferrari, contrapponendolo a quello di Falco 29.

Passiamo ora alla figura di Orio Giacchi. Molto diverso dal Maestro, persona sensibile al fascino della storia e della cultura, intesa anche in senso non strettamente giuridico, egli mostrò un profondo interesse verso le tematiche canonistiche, non escluse quelle matrimoniali. Nel delicato periodo della caduta del fascismo e dei primi anni della Repubblica, Giacchi ebbe un ruolo di rilievo nel mondo della Democrazia cristiana milanese, rivestendo cariche anche in ambito economico e politico.

Egli insegnò diritto ecclesiastico e canonico per moltissimi anni (dal 1939 al 1980) 30 ed alla sua scuola si formarono importanti canonisti laici quali Ombretta Fumagalli Carulli ed Giorgio Feliciani che ne continuarono l’insegnamento.

8. Milano (Statale)

Presso l’Università statale della metropoli ambrosiana, svolse la parte principale del suo magistero Mario Falco, allievo di Ruffini ed assai legato ad Arturo Carlo Jemolo. Già cattedratico a Parma e cultore di interessi sia di diritto ecclesiastico che di diritto canonico, egli arrivò a Milano nel 1924 – agli albori della storia di questa Università – e, di lì a poco, diede alle stampe la sua opera forse più importante, una magistrale Introduzione allo studio del Codex iuris canonici 31, che, pur se scritta da un non cattolico, a giudizio generale rimane il migliore contributo scritto sull’argomento.

Per quanto riguarda la produzione di livello didattico, dopo l’edizione degli appunti delle sue lezioni, secondo l’uso dell’epoca 32, Falco diede inizio alla pubblicazione, presso l’editore Milani di Padova, di un manuale di diritto ecclesiastico, in cui l’attenzione dello studioso si rivolge al solo diritto dello Stato 33. Il Corso sarà completato con una edizione in due volumi, comprensiva di una introduzione al diritto della Chiesa 34. Con esso – come nota Ferrari – l’autore «si rifugia» nel positivismo giuridico, per non evidenziare, come invece fa Del Giudice, l’evidente nuovo confessionalismo statale. A Falco, vittima delle leggi razziali a causa della sua appartenenza ebraica, nel 1938 fu impedito di continuare l’insegnamento presso l’Università statale.

Il magistero di Falco sarà continuato da un altro docente, Cesare Magni, attivo in questa sede dal 1939 fino al 1966. Nato alla Spezia da famiglia borghese, Magni aveva già insegnato come professore di ruolo a Sassari e Parma ed aveva iniziato occupandosi sia di temi storici (relativamente alle elezioni episcopali), sia di temi di diritto positivo (come dimostra lo studio Intorno al nuovo diritto dei culti acattolici ammessi in Italia 35). La poliedricità dei suoi interessi, che lo indussero ad occuparsi di molti temi, dal tramonto del feudo lombardo agli effetti civili del matrimonio canonico, lo accompagnò per tutta la vita unitamente ad un sempre più vivo interesse per i profili teorici della materia di cui era docente. Anch’egli diede vita ad apprezzati manuali, pur avendo insegnato, per i primi anni, solo diritto canonico per rispetto al ricordo di Falco, allontanato dalla cattedra di diritto ecclesiastico perché ebreo. Verso i sessantacinque anni, per contrasti ambientali, Magni lasciò in anticipo la sua cattedra, ragion per cui il corso fu tenuto dall’internazionalista Ziccardi, con la collaborazione dell’allora assistente Enrico Vitali.

Dopo il pensionamento anticipato o – meglio ancora – le dimissioni di Magni, si aprì quella che potremmo chiamare la “fase romana” della scuola di diritto ecclesiastico dell’Università statale. Tale fase vide sulla scena milanese docenti formatisi a Roma, e là destinati a ritornare per ricoprire posizioni di prestigio (è il caso di Luigi De Luca e di Francesco Finocchiaro), fin quando a loro succederà sulla cattedra Enrico Vitali, cultore di rilievo sia di diritto ecclesiastico che canonico, direttore della rivista Il diritto ecclesiastico .

L’insegnamento del diritto canonico come materia autonoma prese vita presso l’Ateneo statale di Milano, a partire dalla fine degli anni Sessanta, con lo stesso Enrico Vitali.

9. Padova

L’Università di Padova ebbe, nell’Ottocento, docenti di rilievo di diritto canonico (o ecclesiastico, data la terminologia ambivalente in uso all’epoca), che tennero corsi nei quali il nucleo dell’insegnamento era costituito dal diritto della Chiesa, arricchito dall’analisi delle norme statali vigenti nel luogo di insegnamento; basti ricordare, al riguardo, il Nardi e Giovan Battista Pertile, autori di due dei rari manuali allora in uso. Ciò nonostante, essa non conobbe la “gloriosa resurrezione” del diritto ecclesiastico che si ebbe a Pavia, Torino e Genova per opera di Ruffini e degli allievi di Scaduto.

Giovan Battista Pertile, pur dovendo insegnare anche diritto internazionale, aveva cercato di difendere le sorti della materia, ma ciò non valse ad evitare che, dopo la sua scomparsa (1884), il diritto ecclesiastico fosse ridotto a corso libero con effetti legali.

La sopravvivenza della materia fu affidata ad un insigne storico del diritto, Giovanni Tamassia, il quale la insegnò in qualità di professore incaricato durante un lunghissimo arco di anni, prima e dopo la Prima guerra mondiale, ad eccezione di alcuni intervalli in cui la materia fu affidata ad altri studiosi, come il romanista Pietro de Francisci e l’amministrativista Arnaldo de Valles.

Fu agli inizi degli anni Trenta che apparve una figura di importanza capitale per l’insegnamento del diritto ecclesiastico a Padova: Aldo Checchini, docente per lunghi decenni presso quell’Ateneo. Anch’egli di formazione storica, nell’anno accademico 1935-1936 divenne ordinario di diritto ecclesiastico; ricordiamo che, nel frattempo, nell’anno accademico 1932-1933 aveva brillato fugacemente anche la stella di Vicenzo Del Giudice, allora professore dell’Università cattolica del Sacro Cuore. La figura di Checchini è emblematica di una concezione del diritto ecclesiastico che vede nella materia un crocevia di diritto, teoria generale e storia; caratteri che evidenziano il suo essere fautore di un approccio teorico di tipo interordinamentale alla materia.

Checchini tenne anche l’incarico di diritto canonico, assunto per un biennio verso il 1939-1940 da Mario Ferraboschi, allora libero docente. Passato poi Checchini, nell’anno accademico 1943-1944, alla Storia del diritto italiano, il medesimo assume per incarico l’insegnamento di diritto ecclesiastico, mentre il diritto canonico – materia allora non fondamentale – tacque per molti anni, per risorgere in seguito, con l’arrivo prima come incaricato e, quasi subito dopo, come professore di ruolo, di Guido Saraceni.

Mentre per l’impostazione del Checchini si può rinviare alla acute considerazioni di Silvio Ferrari 36, qualche annotazione merita certamente la figura di Saraceni.

Colto professore romano, animato da un sofferto spirito di ricerca per tematiche giuridico-religiose estremamente complesse, Saraceni, nel decennio di permanenza padovana (dal 1959 al 1968), seppe far rivivere l’insegnamento del diritto canonico. Che a Padova con il magistero dei suoi successori, da Rinaldo Bertolino a Sandro Gherro avrà ampia valorizzazione.

10. Trieste

Quando sorse la Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Trieste, il diritto ecclesiastico fu tra le prime materie ad esservi insegnato. La materia venne affidata ad Andrea Piola, allora agli inizi della sua carriera, che nel 1938 inaugurò i corsi della nuova Facoltà con una sua lezione. Piola sarà qui preside dal 1941 al 1943; dopo il suo trasferimento a Genova, nel 1947, la materia passò ad Agostino Origone, già professore di diritto pubblico. Origone ricoprì, nel corso del tempo, anche gli incarichi di rettore magnifico e preside. Il testo usato per la didattica era quello del Petroncelli 37, anche per consonanza agli orientamenti ideologici del docente, che pare avesse lasciato l’insegnamento del diritto pubblico proprio in segno di dissenso verso le linee di fondo troppo laiche della nuova Costituzione. L’insegnamento del diritto canonico fu impartito per incarico da un religioso, Giovan Battista Marazzato (in religione padre Ottilio), che proseguì la sua docenza fino al 1968).

11. Considerazioni finali

Abbiamo incontrato molti docenti, nelle terre tra i due mari – il Ligure e l’Adriatico – e anche molte correnti. All’inizio, ci si divide tra la scuola di Ruffini e quella di Scaduto, che guadagna posizioni all’inizio del Novecento grazie all’arrivo di docenti di origine toscana o meridionale, come Manenti e Schiappoli (anche se quest’ultimo non prende posizioni troppo aperte). In seguito, a dominare sulla scena nazionale sono Jemolo e Del Giudice e, in generale, la scuola romana che da essi nasce e che si afferma con personaggi dal calibro di Pietro Agostino d’Avack, Pietro Gismondi e poi Finocchiaro (il cui manuale, che soddisfa anche le esigenze dei pratici, diventa quasi una nuova bandiera della materia), e Luigi De Luca.

Dopo questo momento, il quadro si complica. A parte la Cattolica –ove prevarranno sempre interessi canonistici, mirabilmente coltivati–, le altre cattedre di diritto ecclesiastico saranno ricoperte da forti ed originali personalità, come quella di Cesare Magni, che seguono percorsi personali e difficilmente inquadrabili, fino a quando, anche per via dello spostamento dei docenti di formazione romana, inaugurata da Tommaso Mauro a Pavia, la stessa scuola romana sbarca in Lombardia. Non però, come accadde altrove, per creare una situazione di vassallaggio o colonizzazione, ma per stimolare la formazione di studiosi locali di valore. I quali, a loro volta, accolgono colleghi provenienti da altre realtà geografiche e scuole, cosa molto rara in ambito accademico.

Questa situazione si riflette anche sul piano degli strumenti didattici usati, con il diffondersi quasi monopolistico dei manuali di Jemolo e di Del Giudice, salvi i casi (come quello di Olivero, a Torino) in cui il docente si serve di un proprio manuale.

Per quanto riguarda le sorti didattiche del diritto canonico si può dire che, a parte l’Università cattolica del Sacro Cuore, ove esiste praticamente dagli anni di fondazione una cattedra di diritto canonico affidata prima a Vincenzo Del Giudice e poi ad Orio Giacchi e vedono la luce importanti opere come quella di Orio Giacchi sul consenso matrimoniale canonico esso viva una sorta di vita nascosta. Infatti a cominciare dalla traduzione ed adattamento del celebre manuale di Aemil Friedberg ad opera di Francesco Ruffini, il diritto della Chiesa ed in particolare la parte riguardante gli organi e le strutture di esse, è insegnato spesso come premessa del diritto dello stato in materia ecclesiastica, mancando però gli insegnamenti specifici di diritto canonico che appariranno dopo la metà del secolo mancano anche gli strumenti didattici il che faciliterà il successo quasi universale

Del manuale Nozioni di diritto canonico pubblicato da Vincenzo del Giudice, ormai da tempo docente a Roma. In cambio è del docente torinese Bertola l’unico manuale di diritto matrimoniale canonico redatto in italiano da uno studioso laico che completa, sul piano del diritto positivo il volume sui profili storici del matrimonio pubblicato da un altro ex studente torinese ed allievo di Ruffini il grande Arturo Carlo Jemolo.

Venendo alla tipologia dei docenti vediamo che si tratta a parte rarissimi casi (come il caso del breve insegnamento di mons. Bernareggi a Milano e di quello più duraturo un altro sacerdote a Trieste) di laici formati, anche nel caso di Vincenzo del Giudice e di Orio Giacchi, in ambito accademico laico, giuristi colti, attenti al valore della storia ed aperti verso esperienze e suggestioni culturali di diverso, tipo cosa che caratterizza a lungo la scuola italiana di diritto canonico.

Recibido el 9 de diciembre de 2013 y aceptado el 23 de marzo de 2014.

* Professore emerito di Diritto canonico e di Diritto ecclesiastico. Università di Pavia.

Riferimenti

1 In questa ultima direzione inserirei il recente libro di Francesco Margiotta Broglio, Religione, diritto e cultura politica nell’Italia del Novecento, Bologna, Il Mulino, 2011.

2 In merito, noi disponiamo di due studi monografici, uno sul diritto ecclesiastico e la sua manualistica: Silvio Ferrari, Ideologia e dogmatica nel diritto ecclesiastico italiano. Manuali e riviste (1929-1979), Milano, Giuffrè, 1979; ed uno, più specifico dal punto di vista dell’oggetto di questa relazione, sull’insegnamento del diritto canonico nelle università italiane: Maria Vismara Missiroli, Diritto canonico e scienze giuridiche. L’insegnamento del diritto della Chiesa nelle Università italiane dall’Unità al Vaticano II, Padova, Cedam, 1998. Copiosa è poi la produzione scientifica più recente sul tema, di cui si dà conto in recenti articoli e contributi (si veda, ad esempio, A. Fabbri, Note sull’insegnamento del diritto ecclesiastico nelle università italiane oggi, in Av.Vv., Oltre i confini. Religione e società nell’Europa contemporanea, Bari, Cacucci, 2010, p. 89 ss., Giovanni Battista Varnier, La costruzione di una scienza per la nuova Italia: dal diritto canonico al diritto ecclesiastico, Macerata, Eum, 2011).

3 Francesco Falchi, La soppressione del corso autonomo di diritto canonico delle Facoltà giuridiche disposta dal ministro Bonghi nel 1875, in Stato, Chiese, pluralismo confessionale, rivista telematica, sett. 2011.

4 In merito, si veda Salvatore Berlingò, L’insegnamento del diritto canonico nelle Università statali italiane. Lo statuto epistemologico di una canonistica laica, in Quaderni di diritto ecclesiale, 1997, p. 40 ss., spec. pp. 43-44.

5 La lettera è ricordata nel citato saggio di Falchi.

6 Silvio Ferrari, Ideologia e dogmatica, cit., p. 118, nota 19. Recentissimamente, adde M. Tedeschi, Libertà religiosa tra declino o superamento dello Stato nazionale, in Id., Quasi un bilancio, Cosenza, Pellegrini editore, 2011, p. 253 ss.

7 Di Francesco Ruffini (Lessolo Canavese, 1863-Torino, 1934), figura notissima della storia universitaria, politica ed ideologica del Novecento, ci si limita qui a ricordare che fu rettore dell’Università di Torino e senatore del Regno, dimettendosi in seguito dalla cattedra per non sottostare all’obbligo di giuramento di fedeltà al fascismo. Fu, insieme a Scaduto, il fondatore ed il più insigne cultore della materia del diritto ecclesiastico italiano.

8 Stefano Castagnola, Delle relazioni giuridiche tra Chiesa e Stato, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1882.

9 Giovanni Battista Varnier, Carlo Manenti (1860-1929): cultura giuridica romanistica e diritto ecclesiastico statuale, in Studi in onore di Remo Martini, Milano, Giuffrè, 2010, p. 811 ss. Il Manenti, allievo di Vittorio Scialoja, fu tra i primi liberi docenti in diritto ecclesiastico: anche se, in seguito, si dedicò alla cattedra di istituzioni di diritto romano, egli insegnò a lungo – sia a Genova che a Siena – il diritto ecclesiastico. La sua prolusione, pronunciata all’Università di Macerata per l’anno accademico 1892, fu dedicata al «concetto ed importanza dello studio del diritto ecclesiastico», e manifestò la sua adesione alle posizioni di Scaduto. Ritornando sull’argomento in una successiva prolusione, tenuta a Genova nel 1899, Manenti si confermò di essere un appassionato sostenitore della materia, affrontata in un’ottica rigorosamente statualistica, in anni anche allora non facili per essa.

10 Mattia Moresco (Genova, 1877-Borgio Verezzi, 1946) fu tra i primissimi allievi diretti di Ruffini. Ottenne, molto giovane, la cattedra di diritto ecclesiastico; fu rettore dell’Università di Genova dal 1925 al 1943 e senatore del Regno. Giurista e storico (divenne anche presidente della Società ligure di storia patria), ebbe un ruolo di rilievo nella società della Genova del suo tempo, per poi venire travolto dalle vicende traumatiche della fine del fascismo e del crollo di un mondo, di cui era stato uno dei più positivi protagonisti in ambito ligure (A. Piola, Mattia Moresco, in Il diritto ecclesiastico, 1946, p. 378).

11 Andrea Piola, La questione romana nella storia e nel diritto. Da Cavour al Trattato del Laterano, Padova, Cedam, 1931.

12 Lazzaro Maria De Bernardis, Il matrimonio di coscienza, Padova, Cedam, 1933.

13 Allievo di Moresco, dopo aver esercitato la professione forense diventa professore aggregato presso la Facoltà di Scienze politiche, poi straordinario ed infine ordinario. Aveva sostituito per supplenza Moresco, ormai malato, negli ultimissimi tempi del suo magistero (morì, come ricordato, nell’estate del 1946) ed insegna dal 1970 al 1980. In seguito, l’insegnamento della materia passa alla sua allieva Elsa Marantonio Sguerzo, alla quale succede Giovanni Battista Varnier. Con lui, la denominazione del corso viene mutata da “Elementi di diritto ecclesiastico” a “Diritto e Religioni”. Su De Bernardis, che fu anche direttore dell’Istituto italiano di cultura a Grenoble, presidente del premio Paganini e dell’Accademia ligure d’arti, si veda Giovanni Battista Varnier (a cura di), Ricordo di Lazzaro Maria De Bernardis, Genova, Brigati, 2000.

14 Maria Vismara Missiroli, Diritto canonico e scienze giuridiche, cit., p. 220.

15 Francesco Ruffini, Corso di diritto ecclesiastico italiano. La libertà religiosa come diritto pubblico subiettivo, Torino, Fratelli Bocca, 1925.

16 Francesco Ruffini, I diritti di libertà, Torino, Gobetti, 1926.

17 Mario Tedeschi, Quasi un bilancio, cit., p. 255 ss.

18 Arnaldo Bertola (Sostegno 1889-Torino, 1965), oltre al suo lungo insegnamento di diritto ecclesiastico, fu anche professore incaricato di diritto coloniale e presidente del Tribunale civile e penale dell’Egeo con sede in Rodi, il che lo metteva a contatto con la necessità pratica di applicare fonti e norme giuridiche eterogenee, cosa che influì sulla sua speculazione di studioso.

19 In merito, si veda Silvio Ferrari, Ideologia e dogmatica, cit., p. 174, nota 16.

20 Arnaldo Bertola e Arturo Carlo Jemolo (a cura di), Codice ecclesiastico, Padova, Cedam, 1937.

21 Giuseppe Olivero, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino, Giappichelli, 1963.

22 Silvio Ferrari, Ideologia e dogmatica, cit., p. 176, nota 22.

23 Una delle prime edizioni del Manuale di diritto ecclesiastico dello Schiappoli è quella pubblicata a Torino nel 1902 e di essa l’autore si serve probabilmente per le esigenze didattiche pavesi (Domenico Schiappoli, Manuale di diritto ecclesiastico, Torino, UTET, 1902).

24 Arrigo Solmi, Corso di diritto ecclesiastico tenuto dal Chiar.mo Prof. Arrigo Solmi e raccolto dagli studenti autorizzati dal docente, Pavia, Litografia Tacchinardi & Ferrari, 1912. Il volume si ricollega ad una precedente raccolta di lezioni pubblicata a Modena dal Solmi, che dimostra particolare cura ed impegno nella didattica della materia.

25 Pietro Vaccari, Il matrimonio canonico: corso di diritto ecclesiastico, Milano, Malfasi, 1950.

26 A partire da B. Pitzorno, Diritto ecclesiastico, anno accademico 1934-1935, Milano, Litografia Cucchi, 1935.

27 Sul problema dell’origine dell’insegnamento del diritto canonico nelle università italiane, si rimanda a Maria Vismara Missiroli, Diritto canonico e scienze giuridiche, cit.

28 In merito vedasi Silvio Ferrari , Ideologia e dogmatica, cit., p. 54 ss.

29 Ferrari, Ideologia e dogmatica, cit., p. 146 ss.

30 Giovanni Bognetti, La cultura giuridica e le facoltà di Giurisprudenza a Milano nel secolo ventesimo. Abbozzo di una storia, Milano, Giuffrè, 1991, p. 82 ss.

31 Mario Falco, Introduzione allo studio del Codex iuris canonici, Torino, Fratelli Bocca, 1925.

32 Mario Falco, Lezioni di diritto ecclesiastico tenute nell’anno accademico1925-1926, Padova, la Litotipo, 1925.

33 Mario Falco, Corso di diritto ecclesiastico, Padova, Cedam, 1930.

34 Mario Falco, Corso di diritto ecclesiastico, Padova, Cedam, 1935, 2 voll.

35 Cesare Magni, Intorno al nuovo diritto dei culti acattolici ammessi in Italia, Sassari, Gallizzi, 1931.

36 Silvio Ferrari, Ideologia e dogmatica, cit., pp. 59-60.

37 Mario Petroncelli, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino, Sei, 1944.






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