Revista europea de historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas


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Presidente del C.R.: Antonio Ortega Carrillo de Albornoz
Director: Manuel J. Peláez
Editor: Juan Carlos Martínez Coll


CULTURA RELIGIOSA E DIRITTI FONDAMENTALI

Stamatios TZITZIS*

Para citar este artículo puede utilizarse el siguiente formato:

Stamatios Tzitzis (2013): “Cultura religiosa e diritti fondamentali”, en Revista europea de historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas, n.o 6 (noviembre 2013), pp. 45-49.

RÉSUMÉ: Dans cet expos�, notre dessein est, de d�montrer que les principes fondamentaux et surtout la libert� et l'�galit� viennent d'une culture religieuse jud�o-chr�tiennne qui les associe � une loi naturelle immuable et �ternelle repr�sentant la volont� ou la raison divine. En revanche la D�claration universelle de 1948 est d�pourvue des tonalit�s religieuses. On discerne l� l'effet du rationalisme kantien qui consacre la raison individuelle comme source l�gislatrice des droits fondamentaux et qui a influ� sur le caract�re de la constitution fran�aise de 1958.

MOTS-CLÉ: Loi naturelle, Droits subjectifs, Dignit� personnelle, La�cit�, Potestas, Duns Scot, Grotius, Las Casas, G. d'Ockham, Pufendorf, Vitoria, Villey.

RESUMEN: En la presente exposici�n, nuestro prop�sito es el de demostrar que los principios fundamentales y sobre todo la libertad y la igualdad proceden de una cultura religiosa judeo-cristiana, que los asocia a una ley natural inmutable y eterna que representa la voluntad o la raz�n divina. Por el contrario, la Declaraci�n universal de derechos humanos de 1948 est� desprovista de tonalidades religiosas. Se descubre en la misma el racionalismo kantiano que consagra la raz�n individual como fuente legisladora de los derechos fundamentales y que ha influido en la naturaleza y principios de la Constituci�n francesa de 1958.

PALABRAS CLAVE: Ley natural, Derechos subjetivos, Dignidad personal, Laicidad, Potestas, Duns Escoto, Huig de Groot, Bartolom� de las Casas, Guillermo de Ockam, Samuel Pufendorf, Michel Villey.

1. Introduction1

La Costituzione francese del 1958 afferma i principi fondamentali, enunciati dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1789, come diritti naturali. L’uguaglianza e la libertà sono, tra gli altri, i due principi che fungono da pilastro per la costruzione l’edificio dei diritti dell’uomo, coronato dalla dignità personale, la madre di cui diritti che fa del valore dell’uomo, il valore più alto di tutta l’umanità. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 è molto esplicita su questo punto. Invero, questa Dichiarazione conserva una certa dimensione teista dei diritti umani; infatti anche l’Assemblea Nazionale dell’epoca pose il proprio lavoro sotto l’auspicio dell’Essere Supremo. Questa formula è però assente nella Dichiarazione del 1948, che assegna ai diritti fondamentali un ruolo fortemente laico. In questo lavoro, il nostro scopo è quello di dimostrare che i principi fondamentali, soprattutto la libertà e l'uguaglianza, provengono dalla cultura religiosa giudaico-cristiana che li associa ad una immutabile ed eterna legge naturale, rappresentante la volontà o la ragione divina. Questa legge è fortemente ispirata dalla morale stoica, ivi inclusa la definizione di diritto naturale che si trova esposta nella Repubblica di Cicerone (III, XXII) e ne De legibus (L.I § V, XII). Ora, i diritti fondamentali e, chiaramente l’uguaglianza e la libertà, provengono da una concezione della legge naturale che è fraintesa dal pensiero religioso cristiano sul diritto naturale, che li intende quale frutto della volontà o della ragione divina. I fautori del diritto naturale moderno, in particolare quelli della Scuola di Salamanca cercano, invece, di razionalizzare il diritto naturale, pur senza sradicarlo delle proprie origini religiose. Vedremo, a poco a poco, che nella misura in cui cerchiamo di affrancare il diritto naturale dai suoi legami teologici, i diritti naturali acquisiscono la loro autonomia come diritti individuali, attinenti le specificità proprie della persona in quanto tale.

2. I diritti dell’uomo, ordo della legge naturale teologica

Una legge naturale, concepita come eterna, universale, immutabile, che rifletta la ragione divina e renda possibile per gli esseri umani di afferrarla con le intuizioni della ragione, rappresenta un'opportunità per i pensatori del Medioevo di sovrapporre un naturalismo teologico alle considerazioni filosofiche pagane. La legge naturale, della tradizione giudaico-cristiana, rappresenta la volontà e la ragione di un Dio personale e creatore. In questa prospettiva, le fonti del diritto si trovano nelle Sacre Scritture e la ragione può sì essere critica ma senza mettere in discussione la legittimità della Rivelazione. Così, per Duns Scoto (1265-1308), la legge non può essere del tutto razionale, essa emana dalla volontà, la volontà divina. Pertanto, il diritto naturale deve essere ricercato in cause che sono esterne all'uomo. Questa rivelazione, che testimonia una dignità fondata sulla somiglianza dell'uomo a Dio, fa prendere coscienza all’uomo della sua interiorità, vale a dire la sua densità ontologica, la quale pone in rilievo la capacità della persona umana di sviluppare un atteggiamento in grado di distinguere il bene dal male, in conformità con i dettami divini. La certezza nella natura demiurgica dell'uomo s’impone e si esprime nella fiducia nella umanità dell'uomo quale persona metafisica. In questa prospettiva, l’uomo dialoga con Dio non soltanto mediante la fede ma anche mediante la ragione. E la ragione non rappresenta esclusivamente una ragione ragionante, bensì una facoltà nella quale le prospettive euristiche consentono di produrre non solo delle conoscenze o dei giudizi pratici generali, ma è anche un dono divino che consente di dialogare con Dio. In questo modo, la legge naturale è radicata nella santità di Dio. Pufendorf (1632-1694) giurista tedesco e storico, uno dei principali promotori del moderno diritto naturale, sostiene che la legge naturale non si oppone alla legge divina. Vitoria (1474-1566) allievo della Scuola di Salamanca, senza rompere con la dimensione teologica della legge naturale (che è naturale a tutti gli uomini e proviene senza alcun dubbio da Dio, autore della natura), cerca nella soggettività umana ‒ là dove risiede l’interiorità ontologica della persona umana come immagine di Dio ‒ la legge naturale e i principi fondamentali che ne derivano, come l'uguaglianza e la libertà.

Las Casas



Vitoria, e Las Casas (1474-1566), grande umanista del suo tempo, difendono il diritto naturale come una prerogativa della stessa umanità, a prescindere dalla appartenenza religiosa, rivelando così la portata umanitaria della teoria del diritto naturale della Scuola di Salamanca. L’evidente conclusione è che tutti gli uomini che appartengono alla stessa natura, sono titolari de jure e de facto, degli stessi diritti come l'uguaglianza o la libertà. Non sarebbe, tuttavia, corretto sostenere che l'uguaglianza e la libertà costituiscono principi esistenziali collegati ad una legge naturale che è al tempo stesso razionale e teologica. Per Las Casas, «non c'è nessun potere sulla terra grande abbastanza per privare della coloro che sono liberi per natura». Così, sostiene Las Casas, «"la giustizia" e il "diritto" non nascono di per sé in nuove regioni del mondo ma dalla miscelazione etnica del mondo, che dà vita ad un nuovo tipo di società».

C'è, dunque, una dislocazione semantica straordinaria, che trascina una legge oggettiva, suscettibile di essere colta dalla ragione umana come partecipante alla ragione divina, ad una pletora di diritti individuali che sono appartenenti all'umanità, all'uomo come membro legittimo dell'umanità tutta. Quindi, scopriamo la nascita di diritti individuali tramite una religione naturale che consente alla ragione di scoprire la legge oggettiva e i diritti soggettivi. Eʹ interessante notare come questa nuova concezione del diritto naturale, che dà luogo ai diritti individuali, si opponga radicalmente al diritto aristotelico naturale. In effetti, Aristotele non raffigurava l'umanità dell'uomo in quanto universale e identica, ma come gerarchicamente distinta tra Greci "la natura libera", e Barbari "schiavi della natura". Comprendiamo meglio il rifiuto dei moderni teorici del diritto naturale ad una certa concezione di "natura", loro che hanno compiuto lo sforzo di concepire la libertà umana come un diritto dell'umanità.

3. L’affrancamento dei diritti naturali dalla teologia

Secondo Michel Villey, Guglielmo di Ockham filosofo francescano del quattordicesimo secolo, fu un grande innovatore, poiché fu il primo ad ideare la dottrina dei diritti soggettivi. Da questo punto di vista, la filosofia nominalista di Ockham, per la quale solo le entità individuali hanno una esistenza reale, conduce naturalmente ad una teoria politica individualista. Villey, dunque, afferma che Ockham è il padre dei diritti individuali e, per evitare qualsiasi accusa di sessismo, in voga oggi, Villey si affretta ad aggiungere che la sua filosofia è ugualmente madre. In particolare, secondo Villey, Ockham ha provocato una "rivoluzione semantica" quando, per la prima volta, ha unito i due concetti ius e potestas, diritto e potere, e ha, infatti, assimilato il diritto oggettivo ad un potere soggettivo, le potestas.

Hugo Grotius (1583-1645), giurista delle Province Unite (oggi Paesi Bassi), ancora più radicale, sosterrà una tesi rivoluzionaria che potrebbe essere descritta come empia dai teologi, che è quella di privare la legge naturale delle sue radici teologiche. Per Grozio, in particolare, il diritto naturale è indipendente dalla morale, dalla politica e dalla teologia. Questo significa che nessun legislatore, sia umano o addirittura divino, la può determinare: «la legge naturale è immutabile... Dio stesso non può fare nulla per cambiarla... è impossibile per Dio stesso,… fare che due più due non dia come risultato quattro. La legge della natura è basata dunque su questa responsabilità e sulla relazionalità umana, ed è per questo che il diritto di proprietà è una legge di natura», Grotius poi aggiunge: «E tutto ciò che abbiamo detto finora sussisterebbe anche se ammettessimo – cosa che non può farsi senza empietà gravissima ‒ che Dio non esistesse [...]». Così il diritto naturale rinvia alla forza della ragione individuale per cogliere il dictat che la natura, anche al suo interno, prevede per gli uomini sia come individui sia come umanità. Per Grozio, in particolare, i diritti soggettivi segnano che la relazione tra gli Stati e che gli individui hanno diritti propri e che il flusso del diritto naturale, come la ragione naturale, può cogliere ciò che è al di là del metafisico. Pertanto, tale naturalismo relega al cielo il mondo dei fenomeni e dona forma ai diritti soggettivi, come potestas fondanti la validità costituzionale. Così il diritto soggettivo può considerare legge naturale quella che condanna il furto, come diritto soggettivo è altresì chiedere l'esecuzione di un contratto, perché dalla legge naturale deriva l’obbligo di mantenere le promesse. La Dichiarazione del 1789, che stabilisce la validità dei diritti soggettivi individuali, come diritti naturali, tende ad affermare i diritti umani da una prospettiva teologica; infatti nel suo preambolo afferma: «L'Assemblea Nazionale riconosce e proclama, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i seguenti diritti dell'uomo e del cittadino».

Tuttavia nel 1948 la Dichiarazione Universale è priva di risvolti religiosi. Invece dell'Essere Supremo, c'è un riferimento alla dignità intrinseca di tutti gli uomini, come membri appartenenti alla famiglia umana. Questa dignità, presupposto dei diritti fondamentali, diritti, uguali ed inalienabili per tutti, è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. Siamo in grado di discernere qui l'effetto del razionalismo kantiano, che sancisce la ragione individuale come fonte di diritti fondamentali e che, inoltre, ha influenzato il Legislatore della Costituzione francese del 1958.

4. Bibliografia

P.-I. André-Vincent O.P., Bartolomé de las Casas, prophète du Nouveau Monde, Paris, Tallandier, 1980.

H. Grotius, De iure belli ac pacis (Sur les lois de la guerre et de la paix), La Haye, 1625.

B. Hamilton, Political thought in sixteenth-century Spain. A study of the political ideas of Vitoria, De Soto, Suárez and Molina, Oxford, 1963.

F. Heer, The Intellectual History of Europe, vol. 2, Doubleday, 1968.

C. Michon, Nominalisme: la théorie de la signification d'Occam, Paris, Vrin, 1992.

C. Panaccio, Les Mots, les concepts et les choses. La sémantique de Guillaume d'Occam et le nominalisme d'aujourd'hui, Paris, Vrin, 1992.

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S. Tzitzis, Introduction à la Philosophie du Droit, Paris, Dyna’SUPDroit/Vuibert, 2011.

S. Tzitzis, « La dignité dans la Déclaration universelle des droits de l’homme à la lumière de l’égalité et de la liberté », Revue Aspects, soutenue par l'Agence universitaire de la Francophonie, Hors série – 2008, p. 17-30.

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M. Villey, La Formation de la pensée juridique moderne, Paris, PUF, 2003.


Recibido el 6 de octubre de 2013 y aceptado el 28 de octubre de 2013.

*Directeur de recherche CNRS (UMR 7184), directeur adjoint � l'Institut de Criminologie (Universit�-Panth�on-Assas) et professeur associ� � l'Universit� laurentienne (Canada).

NOTA

1 Sono molto riconoscente a Chiara Ariano per l'elegante e fedele traduzione.





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