Revista europea de historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas


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Depósito Legal: MA 2135-2014

Presidente del C.R.: Antonio Ortega Carrillo de Albornoz
Director: Manuel J. Peláez
Editor: Juan Carlos Martínez Coll


TRA BILANCIA E SPADA: IL PENSIERO DI JHERING SULLA GIUSTIZIA E LA SUA APPLICAZIONE NEL SETTORE PETROLCHIMICO

Flavia MARISI

Abstract: Lo studio si incentra sull’opera di Jhering Der Kampf ums Recht, riflettendo in particolare sulla necessità di tutelare i propri diritti nelle sedi più opportune, assimilata dallo studioso tedesco ad un vero e proprio dovere morale. Questa tematica è poi collegata all’analisi di due casi del settore chimico, entrambi originati in relazione ad un investimento diretto estero, e a questioni di salute dei lavoratori e degli abitanti della zona interessata, ed entrambi caratterizzati da problematiche di giurisdizione ed esecuzione. Infine, vengono esaminate le vicende che condussero il Messico ad espropriare diverse compagnie petrolifere straniere nel 1938, e i motivi che hanno indotto lo stato ad accordare a quegli investitori il relativo indennizzo.

Keywords: Jhering, Giustizia, Petrolchimico, Castro Alfaro v. Dow, Sonia Eduarda Franco Franco et al. v. Dow, Shell v. Nicaragua, Messico, Espropriazione.

Para citar este artículo puede utilizar el siguiente formato:

Flavia Marisi (2018): “Tra bilancia e spada. Il pensiero di Jhering sulla giustizia e la sua applicazione nel settore petrolchimico”, en Revista europea de Historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas, nº 13 (diciembre de 2018).


1.Il messaggio fondamentale di Der Kampf ums Recht di Rudolf von Jhering

Nell’opera Der Kampf ums Recht Rudolf von Jhering fa delle pregnanti riflessioni sul diritto, mettendone in rilievo l’essenza coincidente con la lotta. Mentre l’obiettivo del diritto è la pace, dice Jhering, l’affermazione del diritto avviene attraverso la lotta, tra individui, tra popoli, tra uno o più individui e organizzazioni, una delle quali può essere considerata la stessa organizzazione dello stato1. Non a caso, afferma lo studioso tedesco, la Giustizia è raffigurata con in mano la bilancia e la spada2. Mentre la bilancia suggerisce l’idea dell’equilibrio, dell’equità e della ponderatezza, la spada richiama alla mente l’idea della forza: è la forza che il singolo o il popolo che si ritiene danneggiato deve avere per affermare il proprio diritto, ed è anche la forza che la stessa Giustizia deve avere per imporre i propri giudizi e farli rispettare.

Bilancia e spada devono esserci entrambe, poiché uno stato di diritto si ha solo quando la forza, con la quale la Giustizia manovra la spada, uguaglia l’abilità con cui essa bilancia i diversi diritti che si contrappongono3.

È però compito di ciascuno lottare per affermare i propri diritti: in questo modo l’individuo si impegna per tutelare non soltanto i propri interessi specifici4, ma anche l’essenza stessa del Diritto5, e l’intera vita in società6. La lotta per il diritto assume così l’elevata statura di un dovere morale7, verso sé stessi e verso la comunità di cui si fa parte8.

Se è l’intero popolo a lottare contro forze che lo vogliono schiacciare, le manifestazioni di tale lotta possono qualificarsi come sollevazioni, rivolte o addirittura rivoluzioni, mentre se è l’individuo a lottare perché i suoi diritti vengano riconosciuti e tutelati, ciò può avvenire nelle forme istituzionalizzate di un arbitrato o di una causa civile: si tratta in ogni caso di forme e scenari diversi in cui si attua la medesima, fondamentale, imprescindibile lotta per il diritto9.

È importante notare, afferma Jhering, che il dovere morale della lotta per il diritto si fonda sull’irrinunciabile istinto di conservazione, che assume, tanto per gli individui quanto per i popoli, le forme del senso dell’onore, del senso della giustizia, dell’autoconsapevolezza e dell’autostima10.

Si può addirittura affermare, sostiene Jhering, che l’energia con cui un popolo afferma i propri diritti è in relazione diretta con l’impegno e la fatica profusi per conquistarli11.

Chi per viltà, o per un malinteso senso di comodità, dovesse sopportare un’ingiustizia senza reagire, rinunciando a difendere i propri diritti in ragione di un gretto calcolo, concludendo che “non vale la pena impegnarsi”, dovrebbe riflettere che non sta, con quell’unico atto, rinunciando soltanto ad uno specifico diritto, ma sta gettando alle ortiche l’intero Diritto12, con conseguenze negative dalla portata inimmaginabile sull’intera società civile13.

Pertanto la motivazione che induce alla lotta per il diritto non è più una meschina tutela dei propri interessi, e nemmeno esclusivamente il mantenimento dell’onore della persona o della comunità, ma è piuttosto la partecipazione del singolo alla realizzazione del concetto stesso di Diritto, realizzazione attuata e perennemente da attuare nell’interesse della comunità di cui l’individuo stesso fa parte14.

Ed è importante, continua Jhering, che uno stato, che voglia essere rispettato all’interno e all’esterno, e voglia rimanere saldo anche nelle condizioni più difficili, abbia cura di quel bene inestimabile che è la considerazione che il proprio popolo nutre per il senso del Diritto15. È particolarmente significativa la conclusione che Jhering sceglie per quest’opera: “si guadagna la libertà e la vita solo chi quotidianamente si impegna per conquistarle”16.

Il concetto su cui si fonda l’opera di Jhering Der Kampf ums Recht, secondo cui impegnarsi per tutelare il Diritto e la libertà costituisce un dovere morale per individui e popoli, mostra una notevole somiglianza con un concetto espresso da Blackstone: “proteggere la libertà della Gran Bretagna è un dovere per coloro che ne godono: lo devono a sé stessi, ai loro avi che gliel’hanno tramandata e alle future generazioni, che si aspetteranno tale lascito, che è la più nobile eredità del genere umano”17.

2. Casi concernenti i conflitti tra individui e organizzazioni del settore chimico

Come lo stesso Jhering ammetteva, può accadere che il titolare di un diritto non soltanto debba lottare, per difendere il diritto stesso, contro potenti organizzazioni, ma addirittura che debba sostenere tale impari lotta per un lungo lasso di tempo, portando la sua lotta in diverse sedi istituzionali, non rinunciando dopo i primi insuccessi, ma piuttosto rinnovando l’impegno nella consapevolezza di compiere un’azione importante per sé stesso e per la comunità.

Un caso esemplare a questo riguardo è Domingo Castro Alfaro v. Dow Chemical18, vertente sugli effetti negativi sulla salute causati dall’uso di 1,2-Dibromo-3-Cloropropano (DBCP). Il DBCP è un composto chimico prodotto negli Stati Uniti a partire dal 1955 e usato per proteggere le piantagioni di ananas, banane e canna da zucchero da microscopici vermi chiamati nematodi. Il trattamento veniva fatto iniettando il prodotto nel terreno, mescolandolo all’acqua degli impianti di irrigazione o usandolo come fumigante19. Gli effetti nocivi sulla salute animale ed umana erano noti fin dal 1958, come era stato evidenziato da studi specifici commissionati dalla Shell ad un gruppo di ricercatori diretto dal dottor Charles Hine, dell’Università della California a San Francisco. Tali studi avevano messo in rilievo che l’esposizione prolungata al prodotto era direttamente correlata ad una aumentata incidenza di danni a fegato, polmoni e reni e poteva provocare atrofia testicolare20.

Nonostante questo, il composto veniva regolarmente prodotto, venduto e usato negli Stati Uniti, in America Latina, nelle Filippine e in alcuni stati africani, senza che le confezioni riportassero indicazioni relative alla necessità di indossare indumenti protettivi o di adottare altre precauzioni21. In seguito a diverse segnalazioni relative alla sua tossicità, il 9 settembre 1977 la Environmental Protection Agency statunitense ritirò il prodotto dal commercio negli Stati Uniti. Questo però non impedì alle ditte che lo producevano (principalmente Shell, Dow e Amvac Chemical Corporation) di produrlo ancora, e di venderlo al di fuori degli Stati Uniti, soprattutto ad agricoltori di Costa d’Avorio, Filippine, Costa Rica, Honduras, e Nicaragua22.
Alla fine degli anni Settanta un elevato numero di lavoratori nelle piantagioni di i medici locali misero in relazione questa patologia con l’uso del pesticida DBCP23. In aprile 1984 Domingo Castro Alfaro e altri 81 cittadini del Costa Rica, lavoratori e familiari di lavoratori nelle piantagioni di banane, intentarono una causa contro le ditte Dow e Shell dinanzi ad una corte dello stato del Texas (USA), sostenendo di aver sofferto notevoli danni alla salute fisica e psichica in conseguenza dell’uso del DBCP, già vietato negli Stati Uniti a causa della sua riconosciuta tossicità.

La causa venne intentata dinanzi ad una corte statale del Texas perché la sezione 71.031 del Texas Civil Practice and Remedies Code stabiliva che “La morte o le lesioni personali ad un cittadino di questo stato, degli Stati Uniti o di un paese straniero danno luogo al diritto di promuovere un’azione risarcitoria presso le corti di questo stato, anche se l’atto illecito, l’omissione o l’inadempimento che ha causato la morte o le lesioni ha luogo in un paese straniero”24. Le multinazionali convenute sostennero però che la corte del Texas era forum non conveniens (ossia foro non idoneo a decidere la controversia), e che le corti presso le quali sarebbe stato più appropriato discutere la causa erano le corti nazionali del Costa Rica; il tribunale concordò con la loro tesi.

I lavoratori presentarono appello innanzi la Harris County Court: quest’ultima affermò la sua giurisdizione in una sofferta decisione presa a maggioranza 3:1, ma nel 1990 le multinazionali si appellarono alla Texas Supreme Court, reiterando la loro eccezione di forum non conveniens25. In questa fase le multinazionali ottennero il sostegno di una quarantina di altre grandi compagnie, che presentarono degli amicus curiae briefs alla Corte, sostenendo che quest’ultima dovesse sposare la dottrina del forum non conveniens. Alla fine di accesi dibattiti tra i membri della Corte, questa emise a maggioranza una decisione che rigettò completamente la dottrina del forum non conveniens, e mantenne per i cittadini del Costa Rica la possibilità di accesso alle corti statunitensi. Inoltre la sentenza della Texas Supreme Court costituì un precedente, che dava anche ad altri residenti al di fuori degli Stati Uniti l’opportunità di agire in giudizio contro multinazionali americane, presentando i relativi casi in corti del Texas.

L’opinione convergente del giudice Lloyd Doggett è particolarmente significativa e innovativa, perché articola con precisione le motivazioni per cui il caso Dow Chemical Co. v. Castro Alfaro doveva, a suo giudizio, essere discusso in una corte del Texas.

Scriveva infatti il giudice che le multinazionali attrici avevano sede a Houston, in Texas, che è uno stato degli Stati Uniti, e che i fatti da cui si era originato il caso si erano svolti in Texas o avevano forti connessioni con questo stato. In verità – argomentava il giudice – i lavoratori del Costa Rica erano dipendenti da una compagnia statunitense, lavoravano su una terra di proprietà di cittadini statunitensi, e coltivavano alberi che producevano banane destinate esclusivamente al mercato statunitense. Inoltre, il composto chimico che i lavoratori lamentavano avesse loro causato la sterilità era il risultato di ricerche condotte in laboratori statunitensi, era stato testato, prodotto e venduto da una compagnia statunitense avente sede a Houston ad un’altra compagnia statunitense avente sede a Houston: quest’ultima aveva preso nei suoi uffici statunitensi la decisione di distribuire il DBCP in paesi del terzo mondo. Per tutti questi motivi, concludeva il giudice Doggett, era evidente che le corti del Texas avevano un interesse sostanziale a giudicare il caso26.

In un altro passo il giudice Doggett affermava con decisione “La dottrina del forum non conveniens è obsoleta in un mondo in cui i mercati sono globali e in cui gli ecologisti hanno provato il delicato equilibrio di tutte le forme di vita sul pianeta. (…) Questa dottrina permette alle multinazionali di evitare il controllo legale semplicemente perché esse sono, appunto, transnazionali. (…) In assenza di una responsabilità civile negli Stati Uniti per le loro azioni, alcune multinazionali continueranno ad operare senza un adeguato riguardo per i costi umani e ambientali che le loro azioni comportano. Non si può permettere che questo risultato continui a ripetersi per decenni ancora. La dottrina del forum non conveniens deve essere abolita, anche come questione di interesse pubblico”27.

Si evince da queste parole del giudice Doggett che egli considera questi comportamenti delle multinazionali non soltanto illegittimi ma come un vero e proprio male sociale: adottando il punto di vista di Jhering, si potrebbe dunque sostenere che i lavoratori del Costa Rica hanno intentato la causa non soltanto nel loro interesse, ma in obbedienza ai principi etici e morali che riconoscevano come propri, promuovendo azioni legali che, seppur formalmente erano nell’interesse esclusivo dei ricorrenti, in verità stabilivano un precedente etico e giuridico per coloro che in futuro avessero voluto seguire il loro esempio. D’altra parte si può ritenere che anche le compagnie convenute, e quelle che espressero loro appoggio per mezzo di amicus curiae briefs, fossero decise a sostenere quello che consideravano un loro diritto, ritenendo che le loro azioni volte a perseguire questo scopo mirassero anche al bene dell’intera categoria degli investitori stranieri.

Una causa analoga, Sonia Eduarda Franco Franco et al. v. Dow Chemical, Shell Oil Company, Standard Fruit, and Dole Food Corporation, venne intentata da circa 500 lavoratori di piantagioni di banane e loro familiari presso una corte del Nicaragua:28 anche in questo caso gli attori lamentavano che il pesticida DBCP, usato nelle piantagioni durante gli anni Sessanta e Settanta, aveva causato loro gravi problemi di salute.

Conoscendo l’esito delle cause promosse negli anni Ottanta da alcuni cittadini del Costa Rica, nel 2001 il parlamento nicaraguense approvò la Legge Speciale 364, con l’intento di facilitare l’ottenimento della compensazione ai cittadini del Nicaragua che avevano subito danni alla salute correlati all’uso del DBCP. La legge speciale 364 stabiliva, tra l’altro, che le compagnie convenute dovessero fare un deposito di 100.000 dollari entro 90 giorni dall’inizio della causa dinanzi ad un tribunale nicaraguense, come garanzia che i danni eventualmente stabiliti dalla corte sarebbero stati effettivamente pagati agli attori29, e che l’importo di tali danni doveva essere compreso tra 25.000 e 200.000 dollari per ogni attore30. Inoltre stabiliva che se le compagnie convenute non avessero ottemperato all’obbligo del deposito, avrebbero dovuto sottoporsi al giudizio di una corte negli Stati Uniti, rinunciando alla eccezione del forum non conveniens31. Infine, uno degli aspetti più fortemente controversi di questa legge era che poteva essere applicata anche a casi verificatisi prima dell’entrata in vigore della legge, e per i quali la causa fosse ancora pendente32.

Basandosi sulla Legge Speciale 364, la Corte nicaraguense dette regione agli attori e stabilì che i convenuti dovessero pagare agli attori 489 milioni di dollari come compensazione dei danni subiti.

Tuttavia le multinazionali convenute eccepirono la giurisdizione della Corte nicaraguense e si rifiutarono di pagare quanto stabilito. Allora gli attori si rivolsero alla Central District Court of California, per ottenere il riconoscimento e l’esecuzione della sentenza emessa dalla Corte del Nicaragua. I convenuti sostennero che la sentenza non era eseguibile negli Stati Uniti perché la Corte nicaraguense non aveva giurisdizione sulla Shell Oil; essi obiettarono che quest’ultima, sebbene appartenente allo stesso gruppo di imprese della Shell Chemical, era distinta da quella, e non aveva venduto il DBCP in Nicaragua33. La District Court approvò la linea dei convenuti, dando regione a questi ultimi e rifiutandosi di eseguire la sentenza nicaraguense sul territorio degli Stati Uniti34.

Come passo successivo, gli attori intentarono un procedimento per dare esecuzione alla sentenza in Nicaragua, a conclusione del quale, nel 2002 la Corte adita, basandosi sul dettato della Legge Speciale 364, confiscò logo e marchio della Shell Nicaragua e li mise all’asta al fine di devolvere il ricavato alle vittime a titolo di risarcimento35.

In risposta a questa sentenza, Shell Brand International AG e Shell Nicaragua SA iniziarono un arbitrato contro lo stato del Nicaragua, sostenendo di non aver mai venduto il DBCP in Nicaragua e che il sistema giuridico di quello stato non garantiva loro un giusto processo. Per tali motivi esse chiesero che il sequestro del logo fosse giudicato un atto di espropriazione indiretta illegittimo se attuato senza fornire una adeguata compensazione alle compagnie proprietarie. Esse richiesero, di conseguenza, che l’espropriazione fosse compensata con un appropriato indennizzo36.

Anche in questo caso si evidenzia che, in linea con il pensiero di Jhering, entrambe le parti hanno lungamente lottato per affermare il proprio diritto, utilizzando ogni mezzo giuridico a loro disposizione, con la convinzione di portare avanti una importante battaglia legale non soltanto nel loro esclusivo interesse, ma anche nel generale interesse della giustizia.

Il caso arbitrale in cui la compagnia petrolifera attrice ha sostenuto che l’atto dello stato ospite da lei contestato fosse espropriatorio, richiama alla mente altri casi di espropriazione attuati nei confronti di compagnie petrolifere in vari paesi dell’America Latina. In particolare, includeremo nella nostra riflessione le vicende che dettero origine all’espropriazione di alcune compagnie petrolifere, effettuata in Messico nel 1938.

3. Investimenti diretti nel settore petrolifero ed espropriazione: il caso del Messico (1938)

In linea generale, gli investitori sono indotti a compiere investimenti diretti in un paese straniero sulla base di alcune considerazioni: tra esse vi sono la potenziale redditività dell’investimento37, l’elevata probabilità che i beni prodotti godano di una domanda stabile o addirittura in crescita38, e il basso rischio politico, ossia l’esigua probabilità che nel paese prescelto si verifichino drastici cambi di orientamento politico39.

Questi elementi caratterizzano in particolare gli investimenti nel settore petrolifero, il cui prodotto costituisce una primaria fonte di energia per l’intera economia mondiale40. Tuttavia, è noto che gli investimenti nel settore estrattivo necessitano di un considerevole lasso di tempo prima di diventare profittevoli, anche perché la fase di esplorazione può durare fino a 10 anni e non sempre è coronata da successo41; inoltre, diversi studiosi condividono l’opinione che il potere contrattuale delle multinazionali nei confronti dello stato ospite divenga, man mano che le operazioni procedono dalla fase di esplorazione alla fase di estrazione, progressivamente minore. Questo, secondo questi esperti, espone gli investimenti ad un rischio man mano maggiore di essere espropriati dallo stato ospite42.

Esaminiamo dunque alcuni aspetti della storia dell’industria estrattiva in Messico nella prima metà del ventesimo secolo. All’inizio del secolo, in Messico lo sfruttamento di elettricità e carbone e l’estrazione e la raffinazione del petrolio erano in massima parte in mano ad investitori stranieri43. Si trattava senza dubbio di un settore economicamente molto importante, visto che negli anni Venti il Messico era al primo posto tra i paesi esportatori di petrolio e al secondo posto tra i paesi produttori44.

Tra i gruppi principali che operarono in Messico per un trentennio in questo settore c’erano la Royal Dutch Shell, che operava in Messico con la denominazione di Compañía Mexicana El Aguila, la Standard Oil Company del New Jersey, la Standard Oil di New York, la Continental Oil Company, e la Consolidated Oil Company di New York. In questo periodo le compagnie straniere godettero di un’ampia libertà, di cui fecero un uso a volte poco rispettoso delle esigenze del paese ospitante: spesso si rifiutarono di ottemperare agli obblighi fiscali, ponendosi in contrasto con la maggior parte delle autorità civili, trascurarono l’utilizzo di procedure di produzione e distribuzione scientificamente e tecnologicamente avanzate, dando origine a incendi, danni alle proprietà agricole e all’ambiente, e fecero forte resistenza contro tutti i miglioramenti dei salari e delle condizioni di lavoro della manodopera, che avrebbero potuto incidere negativamente, anche se in minima percentuale, sui loro profitti45.

La Costituzione del 1917 stabiliva già che le risorse fondamentali del paese, come fiumi, mari, lagune, giacimenti, miniere e petrolio, appartenevano alla nazione messicana46, e varie leggi approvate nel corso del tempo precisarono ampiezza e limiti di tale sovranità: ad esempio, nel 1925 fu proibito agli stranieri di acquisire la proprietà di terreni e immobili entro 100 chilometri dalle frontiere e 50 chilometri dalle coste, il che aveva una ricaduta immediata sui campi petroliferi situati in queste fasce di territorio47.

Durante il congresso del 1933, il fortissimo Partido Nacional Revolucionario (PNR) approvò a larghissima maggioranza la mozione che proponeva di ampliare il ruolo dello stato nello sfruttamento delle risorse naturali e di consolidare la sovranità del paese48.

Nel 1936, durante la presidenza di Lázaro Cárdenas, esponente del PNR, il già presente conflitto tra imprese petrolifere e lavoratori si acuì quando questi ultimi chiesero di superare la frammentazione e le diversità esistenti tra vari contratti collettivi, presentando un progetto di contratto unitario. Tra le richieste c’erano la fissazione della settimana lavorativa a 40 ore, il mantenimento di parte della retribuzione durante le malattie non professionali, il mantenimento dell’intera retribuzione durante le malattie e gli infortuni professionali, l’attribuzione di indennizzi nei casi di sopravvenuta incapacità totale al lavoro o morte, l’assegnazione di pensioni di anzianità. Le compagnie respinsero con decisione tutte queste richieste, adducendo motivazioni economiche49.

Dal momento che l’esigenza di un nuovo contratto di lavoro era molto sentita, i sindacati organizzarono massicce mobilitazioni nelle principali città petrolifere e avviarono un processo di unificazione del movimento operaio confluendo nel Sindicato de Trabajadores Petroleros de la Republica Mexicana (STPRM)50.

Poiché la situazione di contrapposizione tra imprese e lavoratori continuava, nel maggio 1937 il sindacato STPRM manifestò la sua intenzione di indire uno sciopero. Alla fine del mese le imprese resero note le loro controproposte, che si rivelarono molto lontane da quanto era stato richiesto dal sindacato, e dunque non furono accettate. Il 28 maggio 1937 iniziò uno sciopero che si protrasse per dodici giorni, paralizzando diverse attività che dipendevano dall’uso di combustibili, sia nella capitale che in varie regioni del Messico51.

Nel mese di giugno la STPRM presentò le sue istanze alla Junta Federal de Conciliación y Arbitraje, che in base alla Ley Federal del Trabajo (1931) era l’organo competente a dirimere i conflitti in materia di lavoro nel campo petrolifero: i periti nominati dalla Junta de Conciliación y Arbitraje furono incaricati di studiare la situazione economica delle imprese, e sulla base di questa fare delle proposte per la positiva soluzione del conflitto52.

Il rapporto dei periti evidenziò che i salari degli operai del settore petrolifero erano inferiori a quelli degli operai degli altri settori industriali, che le compagnie avevano riserve e surplus per 79 milioni di pesos, e che il triennio appena trascorso era stato per loro straordinariamente favorevole. Di conseguenza le imprese avevano sufficienti mezzi per venire incontro alle richieste della STPRM (settimana lavorativa di 40 ore, salario minimo giornaliero di 5 pesos, retribuzione delle giornate perse per lo sciopero), per soddisfare le quali che imprese stesse avrebbero dovuto pagare 26 milioni di pesos53. Le imprese rigettarono le proposte, dichiarando che pagare tale somma le avrebbe messe nell’impossibilità di proseguire le attività54.

Dopo nuovi scioperi indetti nell’ottobre 1937, il 18 dicembre dello stesso anno la Junta Federal de Conciliación y Arbitraje emise un lodo che imponeva alle imprese di pagare gli operai come stabilito dalla commissione dei periti55. Le imprese rifiutarono nuovamente di adempiere agli obblighi stabiliti dal lodo, asserendo che la risoluzione della Junta violava i loro diritti individuali, contravvenendo agli articoli 13, 14 e 16 della Costituzione, e il 2 gennaio 1938 fecero ricorso alla Suprema Corte de Justicia de la Nación: il ricorso fu però rigettato dalla Suprema Corte il 1° marzo 193856.

Il 16 marzo 1938 la Junta de Conciliación y Arbitraje dichiarò, su esplicita richiesta della STPRM, che, a causa dell’inadempimento delle ditte petrolifere, i contratti di lavoro dei lavoratori del settore petrolifero dovevano essere considerati come risolti, sottolineando la necessità che il giusto indennizzo fosse pagato a ciascun lavoratore. Dinanzi all’ennesimo rifiuto delle imprese, i lavoratori sospesero il lavoro: in questa situazione di stallo, le compagnie dichiararono che era compito del governo fare il passo successivo57.

In conseguenza del fatto che gli obblighi stabiliti dal lodo arbitrale riconosciuto dalla Suprema Corte di giustizia non erano stati assolti dalle compagnie petrolifere, il 18 marzo 1938 il presidente Cárdenas ne emanò il decreto di espropriazione58. Ottemperando alle disposizioni della costituzione e delle leggi vigenti, l’articolo 3 del decreto di espropriazione stabiliva che la Secretaría de Hacienda y Crédito Público, un organo dell’amministrazione federale, avrebbe pagato alle imprese espropriate le compensazioni dovute.

Prima del 1959 non erano in vigore trattati di investimento come quello che nel 2006 consentì alla Shell di iniziare un arbitrato contro il Nicaragua per espropriazione illegittima perché non compensata con un appropriato indennizzo59. Tuttavia tra vari paesi erano in vigore trattati internazionali che istituivano speciali commissioni e tribunali arbitrali ad hoc per dirimere le controversie tra cittadini di uno stato e amministrazione dell’altro stato: un esempio era la American-Mexican Claims Commission, istituita nel 1923 e operativa fino al 193460.

Prevedendo il pagamento di un appropriato indennizzo alle imprese espropriate all’interno della stessa legge di espropriazione del 1938, il governo del Messico volle evidentemente mantenere le prerogative connesse con la sua sovranità (e dunque effettuare l’esproprio) senza compiere un atto illegittimo sotto il profilo internazionale.


Riflessioni conclusive

Come è stato evidenziato nei paragrafi precedenti, può accadere che il bene di singoli individui sia in conflitto con il bene comune. Questo ovviamente non si verifica sempre, perché la vita dei singoli individui ha bisogno anche di beni comuni, e un esempio è offerto dall’ambiente, che deve essere tutelato in modo che sia pulito e vivibile per tutti.

Il problema della Giustizia è dunque come distribuire equamente diritti e doveri fondamentali.

In questo quadro possiamo menzionare il pensiero di Jhering, che in Der Kampf ums Recht sottolinea che i diritti di ciascuno sono incerti finché non vengono ufficialmente riconosciuti. Gli esempi proposti hanno evidenziato che inizialmente c’è la pretesa di un soggetto che si sottopone al confronto con i diritti di altri, ponendo un problema di giusto rapporto tra i membri della società61.

Ampliando la prospettiva da una visione esclusivamente sincronica ad abbracciare anche una visione diacronica, si nota che i diritti acquisiti possono trovarsi in conflitto con quelli che premono per essere riconosciuti. Tale riconoscimento può essere effettuato a livello legislativo, con l’emanazione di nuove leggi in linea col mutato sentire della popolazione, ma può essere ottenuto anche da organi giurisdizionali, che magari adottano una interpretazione non statica, ma evolutiva del diritto62.

Come rimarcava Jhering, ognuno deve lottare affinché i suoi diritti siano riconosciuti, e ciò può avvenire contro altri individui, contro organizzazioni e anche contro lo Stato. Indubbiamente gli Stati sono stati istituiti perché sia mantenuta la sicurezza pubblica e siano tutelati i diritti di tutti, ma può accadere che la lotta per la tutela dei propri diritti debba essere sostenuta contro lo stesso Stato. Al tempo di Jhering il campo della lotta per il diritto era fondamentalmente limitato al diritto privato. Come evidenzia Viola, “la teoria statalistica del diritto soggettivo considerava questo come una sfera di libertà entro cui lo Stato autorizza la libera iniziativa e l’attività autonoma dei singoli”63. Ma oggi i diritti dell’uomo “non possono più essere pensati come un’autorizzazione dello Stato. La loro costituzionalizzazione li ha resi criteri che limitano l’esercizio stesso dei pubblici poteri”64. Vi sono dunque leggi e disposizioni che consentono a individui e gruppi che si ritengano ingiustamente danneggiati da un atto dello Stato di far valere i loro diritti contro lo stesso Stato.

Concludendo, può accadere che i diritti soggettivi e il bene comune siano percepiti come conflittuali, ma vi sono molte circostanze in cui tra loro vi è non soltanto una stretta connessione ma anzi una mutua implicanza.65 Infatti, come opportunamente sottolinea Viola, “ogni riconoscimento di diritti implica un’idea (…) del bene comune e, viceversa, ogni individuazione (…) del bene comune conduce a prese di posizione nei confronti delle pretese [soggettive avanzate]”66.

In ogni caso, è compito di ciascuno lottare affinché i suoi diritti, e, insieme con questi, lo stesso Diritto sia preservato e tutelato. In questo quadro l’opera di corti e tribunali arbitrali è fondamentale per trovare il giusto bilanciamento tra i diritti di tutte le componenti della società, tutelando i diritti acquisiti e anche riconoscendo nuovi diritti, allineandosi al mutato sentire della società ad esempio per mezzo di una interpretazione evolutiva della legge.

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UNCTAD, World Investment Report 2007 (United Nations 2007).

Vadi V.S., ‘Trade Mark Protection, Public Health and International Investment Law: Strains and Paradoxes’ (2009) 20 (3) European Journal of International Law 773.

Valdivieso Castillo J., Historia del Movimiento Sindical Petrolero (Talleres de la Imprenta Mexicana 1963).

Viola F., ‘La lotta del diritto contro i mali della società’ in Bene, Male, Libertà: Seconda Navigazione. Annuario di Filosofia 1999 (Mondadori 1999) 197.

Leggi e Trattati

Agreement on encouragement and reciprocal protection of investments between the Republic of Nicaragua and the Kingdom of the Netherlands-
Constitución Federal de los Estados Unidos Mexicanos (1917).

Ley Especial Para La Tramitación De Juicios Promovidos Por Las Personas Afectadas Por Uso De Pesticidas Fabricados A Base De DBCP, Ley No. 364 Texas Civil Practice & Remedies Code 2005.

Casi

Dow Chemical Company and Shell Oil Company v. Domingo Castro Alfaro et al., 786 S.W.2d 674.

Shell Brands International AG and Shell Nicaragua S.A. v. Republic of Nicaragua, ICSID Case No. ARB/06/14.

Shell Oil Company v. Sonia Eduarda Franco Franco et al. (US DC, CD Cal), 10 novembre 2005, caso CV03-8846 NM.

Sonia Eduarda Franco Franco et al. v. The Dow Chemical Company et al., CV. no. 03-5094 NM.

Trop v. Dulles, 356 US 86 (1958).

Recibido el 7 de diciembre de 2018. Aceptado el 28 de diciembre de 2018

NOTAS

1
Rudolf von Jhering, Der Kampf ums Recht (Propyläen Verlag 1992) 61.
2 Ibidem.
3 Ibidem, 61-62.
4 Ibidem, 79.
5 Ibidem, 108.
6 Ibidem, 50.
7 Ibidem, 36.
8 Ibidem, 105
9 Ibidem, 74.
10 Ibidem, 78-79.
11 Ibidem, 73.
12 Ibidem, 101.
13 Ibidem, 108.
14 Ibidem, 112.
15 Ibidem, 127.
16 Ibidem, 151.
17 William Blackstone, Commentaries on the Laws of England: A facsimile of the first edition of 1765-1769, with an introduction by Stanley N. Katz, Vols. 1-4 (The University of Chicago Press 1765/1979), Vol. 4, 443.
18 Julie M. Saunders, ‘Dow Chemical Co. v. Castro Alfaro: The Problems with the Current Application of Forum Non Coveniens: Is Texas’ Solution a Sensible One or an Open Invitation to the World to Bring Suit There?’, 17(3) Brook. J. Int’l L. 717.
19 Eula Bingham e Celeste Monforton, ‘The pesticide DBCP and male infertility’ (2013) European Environment Agency 203, 204 https://www.eea.europa.eu/publications/late-lessons-2/late-lessons-chapters/late-lessons-ii-chapter-9> accessed 8 September 2018.
20 J.R. Goldsmith, G. Potashnik, e R. Israeli, 'Reproductive outcomes in families of DBCP exposed men' (1984) 39 Arch. Environ. Health 85.
21 Bingham e Monforton, v. nota 19.
22 Ibidem.
23 Susana Rankin Bohme, Toxic Injustice: A Transnational History of Exposure and Struggle (University of California Press 2015) 115.
24 2005 Texas Civil Practice & Remedies Code Chapter 71. Wrongful Death; Survival; Injuries Occurring Out Of State accesso 8 settembre 2018.
25 Dow Chemical Company and Shell Oil Company v. Domingo Castro Alfaro et al., 786 S.W.2d 674, Supreme Court of Texas, 28 March 1990.
26 Ibidem, 689.
27 Ibidem, 686.
28 Sonia Eduarda Franco Franco et al. v. The Dow Chemical Company et al., CV. no. 03-5094 NM.
29 Consultar Ley Especial Para La Tramitación De Juicios Promovidos Por Las Personas Afectadas Por El Uso De Pesticidas Fabricados A Base De DBCP, Ley No. 364, art. 4. accesso 9 settembre 2018.
30 Ibidem, art. 11.
31 Ibidem, art. 7.
32 Ibidem, art. 15.
33 Valentina S. Vadi, ‘Trade Mark Protection, Public Health and International Investment Law: Strains and Paradoxes’ (2009) 20(3) European Journal of International Law 773.
34 Shell Oil Company v. Sonia Eduarda Franco Franco et al. (US DC, CD Cal), 10 novembre 2005, caso CV03-8846 NM.
35 Vadi, v. nota 33.
36 Shell Brands International AG and Shell Nicaragua S.A. v. Republic of Nicaragua, ICSID Case No. ARB/06/14. Il caso arbitrale si estinse nel 2007 a seguito della rinuncia agli atti delle parti, conseguente ad un importante sviluppo: la Legge Speciale 364 venne giudicata incostituzionale da una sentenza della Corte d’appello del Nicaragua di novembre 2006, che annullò la decisione della corte di primo grado, revocando il sequesto e restituendo il logo alla ditta titolare. ‘Shell Drops Nicaraguan IP Claim’, Global Arbitration Review, 18 May 2007.
37 Sarah Anderson e Sara Grusky, ‘Challenging Corporate Investor Rule How the World Bank’s Investment Court, Free Trade Agreements, and Bilateral Investment Treaties have Unleashed a New Era of Corporate Power and What to Do About It’ (Food and Water Watch, aprile 2007) https://ips-dc.org/wp-content/uploads/2009/05/challenging-Corporate-Investor-Rule-final.pdf accesso 8 settembre 2018; Katia Fach Gomez, ‘Environmental protection and international trade: Greening the investment arbitration’ (MPRA Paper No. 16288, 15 luglio 2009) accesso 8 settembre 2018.
38 Fidel Pérez Flores e Clayton M. Cunha Filho, ‘The Oil Nationalizations in Bolivia (1937) and Mexico (1938): a comparative study of asymmetric confrontations with the United States’, 9º Congreso Latinoamericano de Ciencia Política ¿Democracias en Recesión? Montevideo, 26-28 luglio 2017.
39 Mashrur Mustaque Khan e Mashfique Ibne Akbar, ‘The Impact of Political Risk on Foreign Direct Investment’, (MPRA Paper No. 47283, 30 maggio 2013) < https://mpra.ub.uni-muenchen. de/47283/1/MPRA_paper_47283.pdf> accesso 8 settembre 2018.
40 Perez Flores e Cunha, v. nota 38.
41 UNCTAD, World Investment Report 2007 (United Nations 2007) 92.
42 Jakob Müllner e Jonas Puck , ‘Towards a holistic framework of MNE–state bargaining: A formal model and case-based analysis’ (2018) 53(1) Journal of World Business 15.
43 José Rivera Castro, ‘La expropriación petrolera. Raíces históricas y respuestas de los impresarios extranjeros’, Casa del Tiempo, Universidad Autónoma Metropolitana, vol. I, época IV, núm. 8, 2008, 2.
44 María del Mar Rubio, ‘Oil and Economy in Mexico, 1900-1930s’, UPF Economics & Business Working Papers, No. 690. Universitat Pompeu Fabra Barcelona, May 2003, < https://econ-papers.upf.edu/papers/690.pdf > accesso 9 settembre 2018.
45 Rivera Castro, v. nota 43.
46 Constitución Federal de los Estados Unidos Mexicanos (1917) Art. 27.
47 Lorenzo Meyer, México y los Estados Unidos en el conflicto petrolero (1917-1942) (El Colegio de México 1972), 233-234.
48 Partido Nacional Revolucionario, ‘Primer Plan Sexenal 1934-1940’ in Antología de la Planeación en México 1917-1985. Tomo 1: Primeros intentos de planeación en México (1917-1946) (Fondo de Cultura Económica, Secretaría de Programación y Presupuesto 1985).
49 Rivera Castro, v. nota 43.
50 Manuel Penago Román, ‘Regulación Del Régimen Laboral. De Petróleos Mexicanos’ accesso 9 settembre 2018.
51 Ibidem.
52 Ibidem.
53 Rivera Castro, v. nota 43.
54 Julio Valdivieso Castillo, Historia del Movimiento Sindical Petrolero, Talleres de la Imprenta Mexicana, 1963, 97.
55 Poder Judicial de la Federación, La Suprema Corte de Justicia Durante el Gobierno del General Lázaro Cárdenas (1935-1940) Parte III (Suprema Corte de Justicia de la Nación 1999) 156.
56 Ibidem, 193.
57 Jesús Silva Herzog, Historia de la expropiacion petrolera, Instituto Mexicano de Investigaciones Económicas 1973, 104.
58 Poder Judicial de la Federación, v. nota 55, 194.
59 Agreement on encouragement and reciprocal protection of investments between the Republic of Nicaragua and the Kingdom of the Netherlands, concluso nel 2000. accesso 9 settembre 2018.
60 Abraham H. Feller, The Mexican Claims Commissions, 1923-34: A Study in the Law and Procedure of International Tribunals, The MacMillan Company, 1935.
61 Francesco Viola, ‘La lotta del diritto contro i mali della società’, in Bene, Male, Libertà: Seconda Navigazione, Annuario di Filosofia 1999 (Mondadori 1999), 197, 212.
62 Trop v. Dulles, 356 US 86 (1958).
63 Viola, v. nota 61, 214.
64 Ibidem.
65 Ibidem, 215.
66 Ibidem.




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