Revista crítica de Derecho Canónico Pluriconfesional / Rivista critica di diritto canonico molticonfessionale
ISSN 2341-3956 versión electrónica
ISSN 2387-1873 versión impresa
Depósito Legal: MA 2137-2014
Riflessioni dottrinarie sulla rilevanza giuridica dell’amore coniugale
Federica Viola
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Federica Viola (2016): “Riflessioni dottrinarie sulla rilevanza giuridica dell’amore coniugale”, en Kritische Zeitschrift für überkonfessionelles Kirchenrecht, n. 3 (2016).
Riassunto: Il contributo intende proporre alcune considerazioni sulla rilevanza attribuita dalla canonistica all’amor coniugalis nel matrimonio canonico. L’inesistenza di un’unica chiave di lettura giuridico-dottrinale è frutto di un divergente modo di concepire la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, da sempre oggetto d’interpretazione.
Parole chiave: Muutum adiutorum, Gaudium et Spes, Amore coniugale, Canonistica, Concilio vaticano II
Abstract: The paper proposes some considerations on the importance attached by the canonistic to conjugal love in marriage canon. The absence of a single legal and doctrinal interpretation is the result of a different way of conceiving the Patoral Constitution, always object of interpretation.
Key words: Muutum adiutorum, Gaudium et Spes, Conjugal love, Canonistic, Second Vatican Council.
1. Interpretazione dottrinaria della Gaudium et Spes ed il ruolo ad essa attribuito all'amore coniugale
Dopo il Concilio Vaticano II e fino alla promulgazione del nuovo Codice di diritto canonico, abbondante è stata la bibliografia sul tema del matrimonio. Tutti gli autori, commentando la Costituzione Gaudium et Spes, hanno evidenziato l'importanza che essa attribuisce all'amore coniugale. Tra questi, c’è chi ha sostenuto che il Concilio non abbia apportato alcuna novità relativamente alla definizione dell'essenza del matrimonio, sotto l'aspetto teologico-giuridico1. Si è ritenuto che, in realtà, nulla di sostanziale sia mutato nella tradizionale dottrina canonistica del matrimonio in seguito ai recenti dibattiti e ai documenti conciliari.
I sostenitori di questa tendenza non fanno altro che affermare come questa Costituzione pastorale non sia che il frutto di un “compromesso” tra le concezioni tradizionalistiche e quelle, invece, più innovatrici. A sostenere tale visione è il Fedele2 che ritiene che la Gaudium et Spes non ha portato ad alcuna innovazione, avendo però messo in luce una tendenza alla rivalutazione “dell'amore” nel matrimonio. Il fatto che la G.S. abbia molto insistito sul tema dell'amore coniugale, non vuol dire che queste formulazioni conciliari abbiano un significato differente rispetto a quelle risultanti dalla formula codicistica. Osservando l'art 48, più volte, la Gaudium et Spes pone l'accento sul muutum adiutorium, mentre non c’è alcun riferimento al remedium concupiscentiae. Per l'autore l'insistenza della Costituzione Pastorale su questo fine del matrimonio non è maggiore di quella data dalla Casti Connubii, dunque, non si fa altro che confermare quanto detto dalla dottrina tradizionale. La Costituzione, da un lato, al numero 48, afferma che «il matrimonio è dotato di molteplici valori e fini, tutti quanti di somma importanza», così da far sembrare abbandonata quella gerarchia contenuta nel canone 1013 e quel rapporto di subordinazione tra il fine secondario del mutuum adiutorium ed il fine primario della procreatio et educatio prolis; dall'altro lato, però, afferma che «per sua indole naturale l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale generoso e cosciente sono ordinati alla procreazione della prole e in questa trovano il loro coronamento», ribadendo così sia quella gerarchia che quel rapporto.
Per superare questa contraddizione, il Fedele ritiene che in realtà, quando si parla di «valori e fini tutti quanti di somma importanza»3, non ci si riferisca alla gerarchia dei fini del matrimonio, ma a quella esistente fra i tre bona matrimonii, i quali hanno tutti la stessa importanza. Le formule mutua donazione, mutuo dono di se stessi, non fanno altro che costituire l'oggetto immancabile del consenso matrimoniale secondo la formula del canone 1081 § 24 non introducendo, dunque, alcuna novità. Se si attribuisse ad esse un significato più ampio, cioè un significato per cui l'amore coniugale debba essere considerato la fonte dello ius ad coniugales actus, non una sua conseguenza, non si potrebbe spiegare il perché la Gaudium et Spes, per ben due volte, ha affermato che l'amore coniugale per sua indole naturale è ordinato alla procreazione ed educazione della prole5.
Successivamente alla Gaudium et Spes la realizzazione dei fini del matrimonio è ancora giuridicamente irrilevante: per il bonum prolis perché anche se la prole non c'è, il matrimonio perdura come consuetudine e comunione di vita, mentre per il mutuum adiutorium perché il matrimonio senza prole è valido, non per la giuridica rilevanza di quella consuetudine e comunione di vita, ma per la giuridica irrilevanza della proles in se ipsa. L'essenza del matrimonio consiste nell'ordinatio ad prolem, nella proles in suo principio e null'altro può essere considerato giuridicamente rilevante. Se da una prima lettura potrebbe risultare il contrario, in realtà, per Fedele nella Gaudium et Spes l'amore coniugale ha un senso solo se ordinato alla procreazione della prole6 avendo, rispetto a questo, una funzione strumentale. La Costituzione Pastorale, dunque, non farebbe altro che ribadire il principio fondamentale secondo il quale, fine essenziale del matrimonio è la procreazione ed educazione della prole. In tal modo, si conferma l’insegnamento della dottrina tradizionale e l'accento posto sull'amore coniugale consente di dare un certo riconoscimento a quelle teorie personalistiche sostenute durante i lavori conciliari: riconoscimento e credito che ha avuto solo un valore morale e quindi non consente di attribuire all'amore coniugale un valore giuridico.
Altri sostengono che, in seguito al Concilio, dal punto di vista giuridico non è stata modificata la dottrina relativa al matrimonio, ma dal punto di vista morale, invece, nella Gaudium et Spes si sono affermati principi prima di allora mai espressi7.
Diverse interpretazioni sono state elaborate circa la natura attribuita dal documento pastorale all'amore coniugale. Parte della dottrina ha sostenuto che, in nessun modo, la Gaudium et Spes ha presentato l'amore coniugale come fine del matrimonio, ma più che altro sembrerebbe ordinato al fine del matrimonio: «Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione ed educazione della prole» (G.S. 48, 1; 50, 1). Secondo la seguente formulazione il matrimonio non sarebbe ordinato all'amore, ma sia il matrimonio che l'amore sarebbero ordinati al fine specifico che è la procreazione e l'educazione della prole. L'amore sarebbe, al pari del mutuo aiuto, qualcosa di accessorio e accidentale rispetto agli elementi essenziali e costitutivi del matrimonio, perciò non può definirsi fine del matrimonio8.
Già prima del Concilio Ecumenico Vaticano II, alcuni autori avevano concentrato la loro attenzione sull'amore coniugale sottolineandone la relazione con la prole. Tra questi il Volta affermava:
«Da questo incontro, da questo amore, insieme alla fecondità della persona amata, chiamata a crescere, ad espandersi, a sentirsi in comunione complementare con un’altra persona come lei fatta di carne, scaturisce la fecondità più alta e più nuova, quella del figlio. L'impulso primordiale dell'essere sessuato non spinge questo solo a conservarsi, svilupparsi, donarsi e integrarsi in un altro, simile a lui e complementare nello spirito e nella carne, ma nell'incontro con l'altro a moltiplicarsi, e perciò non solo a promuovere ma innanzitutto a destare all'esistenza qualcuno che porta le sue stesse sembianze. L'unità dei due sposi prende qui, per così dire, corpo, si fa autonoma, si fa persona, quasi specchio incarnato di quel gesto e insieme suo prolungamento. Ma mentre l'unione tra gli sposi è preparata, voluta, anche se l'impulso d'amore precede le loro scelte, il figlio è inizialmente una sorpresa, come una risposta inaccettata. Solo dopo, in base all'esperienza, in base alla conoscenza dei meccanismi biologici l'uomo saprà che l'amore sponsale può dare origine a una nuova creatura. L'amore sessuale si manifesta con questa bipolare fecondità: l'una riguarda il coniuge, l'altra riguarda il figlio»9.
Un’altra definizione di amore, antecedente al Concilio, ci veniva fornita dal Valsecchi:
«L'amore che tende all'unione deve desiderare il frutto per mezzo del quale si manifesta e raggiunge la sua piena realizzazione. Soltanto nel figlio i genitori raggiungono la fusione completa perché il figlio riunisce in sé, nella sua personalità unica, la doppia personalità del padre e della madre, fuse in una sola unità, in maniera talmente armoniosa, che esse sono in lui non soltanto inseparabili, ma tali da non potersi più discernere che cosa gli venga dall'uno e che cosa dall'altro»10.
Meritano di essere ricordate anche le parole di Viladrich e Hervada:
«Poiché la virilità e la femminilità contengono, come elementi costitutivi, la maternità e la paternità in potenza, qualsiasi tentativo di contrapporre l'amore coniugale ai figli rappresenta un idea erronea di tale amore. Amare una donna e non amare nello stesso tempo la sua potenziale maternità non è amore coniugale. Sarebbe o una semplice amicizia, o un amore platonico, o un amore fornicario (corruzione dell'amore coniugale), secondo che la ami come persona ma non nel suo carattere specifico di donna; o come donna, ma solo nell'ordine spirituale; oppure come donna, ma sotto l'aspetto determinato dai (soli) rapporti fisici. E lo stesso si deve dire dell'amore della donna per l'uomo. Per questo motivo, la paternità e maternità in potenza (come aspetti inerenti alla virilità e alla femminilità) sono dimensioni costitutive della persona umana e oggetto dell'amore coniugale»11.
Altri, pur non trascurando l'importanza attribuita alla procreatio prolis, pensano che il Concilio abbia offerto una concezione del matrimonio più personalistica e, che globalmente, lo si possa intendere come una comunità di vita e di amore tra i coniugi; perciò non mancano di quelli che considerano l'amore fine del matrimonio12.
Il Fagiolo è dell'idea che la Gaudium et Spes non considera il muutum adiutorium strumentale alla procreatio prolis. Il matrimonio, prima di essere uno strumento di procreazione, è una communitas vitae et amoris capace di arricchire e perfezionare le personalità dei coniugi, anche prescindendo dalla prole. Quindi si ritiene che:
«il primo essenziale elemento che specifica il matrimonio è la societas o communitas vitae et amoris tra l'uomo e la donna, che per essere piena, stabile, di tutta la persona umana, sul piano dello spirito come su quello del corpo, è unica. Dalla scambievole donazione di due persone di sesso diverso, che integrandosi raggiungono il completamento della propria personalità sul piano fisico e spirituale, sul piano umano e soprannaturale, nasce il fine della procreazione, come fine indubbiamente proprio naturale del matrimonio e dell'amore coniugale. Ma come fine sia sul piano logico, come sul piano ontologico e giuridico, che segue il primo. Per cui lo ius ad prolem è uno ius derivato dallo ius ad muutum adiutorium, o meglio dallo ius ad intimam communitatem vitae et amoris»13.
Si sottolinea come non sia rilevante, ai fini della validità del matrimonio, l'esistenza della prole e per costituire la societas coniugalis è sufficiente dare il consenso a che si instauri quella intima communitas vitae et amoris, che comprende si lo ius in corpus, dal cui esercizio sorge la possibilitas procreandi, ma solo come fine conseguente la societas coniugalis. A suo avviso, il Legislatore canonico, alla luce dei dibattiti conciliari, dovrebbe valutare se il canone 1013 § 1, che considera il muutum adiutorium e il remedium concupiscentiae come fini secondari e subordinati al fine primario che è la procreatio atque educatio prolis, debba avere una diversa formulazione. Poi, successivamente, vedere anche se il canone 1081 § 2, che fissa l'oggetto del consenso, debba comprendere di più la realtà umana propria del matrimonio.
Il Concilio ha visto nel matrimonio e nell'amore coniugale una ordinatio ad prolem, ma sembra che non abbia inteso dare ad essa lo stesso valore che aveva nella precedente canonistica. Ora: l'intima e prima ratio del matrimonio sta nella communitas vitae et amoris. Quei fini, prima considerati strumentali, il mutuum adiutorium e il remedium concupiscentiae, sono sempre più proiettati verso l'essenza stessa del matrimonio che nel quadro delle sue finalità. Dunque, non si dovrebbe più dire che lo ius ad mutuum adiutorium deriva dallo ius ad copulam per se aptam ad prolis generationem, ma viceversa. La prole, invece, è considerata come l'effetto della communitas vitae e l'amore coniugale viene esaltato dalla Gaudium et Spes che meglio richiama la visione che di tale amore ci forniscono le Sacre Scritture. Per il Fagiolo non deve negarsi la naturale ordinatio ad prolem del matrimonio, ma invertire la gerarchia dei diritti: lo ius primum et essentiale sarebbe lo ius ad totius vitae consuetudinem, dal quale lo ius ad prolem prende giuridica rilevanza14.
Altri affermano, invece, che il Concilio abbia messo sullo stesso piano il diritto alla prole ed il diritto alla comunità di vita, ponendoli come fini coprincipali. Si ricordino, al riguardo, le parole del Card. Colombo: «l'amore coniugale è presentato come fine intrinseco al matrimonio, coessenziale alla finalità procreativa». Dunque, prole e amore sono fini coesistenziali che non solo non si escludono, ma si richiamano e si completano a vicenda15.
Il Mantuano evidenzia, invece, come la Gaudium et Spes abbia insistito sui concetti di communitas e di amore coniugale e abbia descritto la società coniugale quale comunità interpersonale tra i coniugi, e non solo quale societas ad filios procreandos16. Si fornisce una definizione giuridica di matrimonio che si estende alla communitas vitae et amoris coniugalis. Perciò si dovrebbe considerare alla stessa stregua e con la stessa rilevanza giuridica, sia lo ius ad prolem, sia lo ius ad communionem vitae17:
«L'amore coniugale, pertanto, lungi dall'assimilarsi ad una mera erotica inclinatio, si identifica con quell'atto eminenter humanus, che induce i nubenti a liberum et mutuum sui ipsius donum e che totius personae (coniugum) bonum complectitur; l'amore coniugale in altri termini, è ordinato e si identifica col bonum coniugum. Tale coniugum auxilium et complementum in tutte le dimensioni (umana, morale, spirituale e soprannaturale) costituisce quello che il Magistero conciliare chiama il bonum coniugum, e si presenta quale fine autonomo alla stessa stregua della prole e nel medesimo grado di gerarchia»18.
In altri termini, lo ius ad consortium vitae mutuumque auxilium (in cui consiste il bonum coniugum) non è piu accessorium o secundarium nec pertinet ad matrimonii integrationem, ma è parte costitutiva dell'essenza giuridica del matrimonio e determina l'oggetto essenziale del consenso, secondo gli schemi concettuali che la dottrina canonistica utilizza per la costruzione giuridica dell'istituto matrimoniale. Il mutuum adiutorium e l'amor coniugalis non sono più i motivi del negozio, ma diventano la stessa causa del negozio matrimoniale, dando alla definizione del matrimonio, quale intima communitas vitae et amoris, una chiara ed univoca significazione giuridica.
Questa nuova realtà matrimoniale, prospettata dal Magistero conciliare, era già presente, prima del Concilio, presso alcuni canonisti. Il Giacchi considerava il consortium omnis vitae come una comunanza di vita in ogni suo aspetto e, contraendo il matrimonio, i coniugi intendono instaurare tale comunità personale; mentre «l'unione fisica ben difficilmente affiora come primario, essenziale e diretto oggetto della previsione e della volontà degli sposi. Essa appare agli sposi, almeno in via generale, come la principale conseguenza della loro unione nel matrimonio»19.
Il Gasparri, invece, sia nello ius muutum in corpus, sia nello ius ad communionem tori, mensae et habitationis, individuava l'esatta determinazione della individua vitae consuetudo20. Però, le considerazioni di tali autori dovevano infrangersi, nella formulazione giuridica, contro un sistema matrimoniale già costituito, contro quelle formule legislative del Codex nelle quali si dovevano poi risolvere.
Non diversamente da questi ultimi, parecchi autori parlano promiscuamente della comunità di vita e di amore e del fine procreativo, dando ad entrambi la stessa importanza; altri sostengono, invece, che la comunione di vita e di amore si deve riferire al matrimonio, mentre la procreazione ed educazione della prole, invece, ne costituisce il fine21.
Anche Lener è dell'idea che l'amore coniugale non sia fine del matrimonio, ma ne costituisce l'essenza. C'è una condanna rivolta a chi lo ha ritenuto fine ponendo in secondo piano il fine essenziale, quello della procreazione ed educazione della prole. L'essenza del matrimonio sta nella donazione ed integrazione della persona dei coniugi, non semplicemente nella concezione reciproca dello ius in corpus. Tale ius è compreso in quella donazione totale delle persone che i coniugi si fanno, donazione che non solo eccede quello ius, ma logicamente e giuridicamente lo antecede, come causa ed effetto. Da essa dipende la posizione stessa della società coniugale, non è il fine del matrimonio, ma è questa stessa società il cui fine essenziale è la procreazione ed educazione della prole22. Lener sostiene che il testo conciliare, in maniera esplicita, indica quale fine essenziale del matrimonio la procreazione e l'amore coniugale e il matrimonio vengono trattati in modo unitario. Viene esaltata la dignità dell'uno e dell'altro e sono presentati ambedue come ugualmente ordinati ad prolem. L'amore coniugale non viene considerato un fine, ma è qualcosa di più, una realtà per sua natura ordinata all'unico vero fine oggettivo: la procreazione ed educazione della prole. Afferma, infatti, anche il Navarrete:
«In hac structura conceptuali, amor coniugalis non concipitur ut finis matrimonii - nec aliunde patet qua ratione finis esse possit - sed ut vis quaedam psychologico-affectiva, a Deo imis naturae humanae indita, quae ex ipsa dispositione divina ordinatur ad hoc ut communio vitae, quae propria est matrimonii, appettatur, de facto ineatur, perdurare possit, sit fons felicitatis et perfectionis coniugum atque calidus nidus ubi proles nascatur et educetur iuxta exigentias naturae humanae. Amor non est finis matrimonii, sed aliquid prorsus necessarium ut matrimonium suos fines obtineat et ad hos fines dispositione divina ordinatum»23.
Lener, dopo aver escluso la natura di fine dell'amore coniugale, nella sua trattazione richiama quelle due tendenze che si andarono a sviluppare dopo il Concilio. La prima era rappresentata dai tradizionalisti appena un po' aggiornati che riconoscevano come la Gaudium et Spes aveva attribuito all'elementum amoris un ruolo essenziale in riferimento al matrimonio infacto esse e non era perciò considerato del tutto estraneo al matrimonio in fieri. Questi distinguevano l'oggetto essenziale del consenso matrimoniale da quello integrale. L'amore coniugale, inteso come volontà d'instaurare quell'intima communitas vitae et amoris nella quale il Concilio fa consistere l'essenza del matrimonio, era considerato parte dell'oggetto integrale e non di quello essenziale. Perciò non si può ritenere invalido un matrimonio generato da un consenso non comprensivo dell'amore coniugale. La seconda tendenza era, invece, più fedele al pensiero della Gaudium et Spes e secondo questa l'amore coniugale deve formare oggetto del consenso matrimoniale e deve essere giuridicamente definito24.
2. Alcune riflessioni sulla rilevanza giuridica dell'amore coniugale
Il matrimonio viene visto come un'istituzione giuridico-legale che ha poco o niente a che vedere con l'amore. In certi ambiti del mondo giuridico e della nostra cultura, amore e matrimonio vengono concepiti come termini contrapposti, dato che si è convinti che, dal momento in cui l'amore si traduce in termini di legge, rimanga soffocato. La questione della rilevanza giuridica dell'amore coniugale ha suscitato l'attenzione della dottrina canonistica negli anni posteriori al Concilio Vaticano II e, dunque, alla promulgazione della Gaudium et Spes.
Le diverse teorie dei canonisti sulla rilevanza giuridica dell'amore coniugale devono essere inquadrate nei loro contesti storici e si possono distinguere due tappe nella polemica dottrinale25: quella degli anni immediatamente posteriori alla promulgazione della Gaudium et Spes (tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta del secolo scorso) e quella degli anni successivi alla promulgazione del Codex del 1983.
Diversi sono gli autori che hanno proferito parola in merito a tale argomento. Alcuni, tra questi, si sono concentrati sulla questione della rilevanza giuridica dell'amore senza però soffermarsi sul concetto di amore coniugale26; gli altri, invece, prima ne hanno fornito una definizione e solo successivamente, si sono occupati del problema della sua rilevanza.
Diverse sono le descrizioni e le definizioni offerte dalla canonistica all'amore coniugale e la maggior parte di esse gira intorno alla nozione di dedizione e donazione, caratterizzando l'amore coniugale come un amore indissolubilmente fedele, esclusivo e fecondo. Il punto centrale della polemica, tra gli autori sulla nozione di amore coniugale, si focalizza nel carattere affettivo o volitivo di questo. In linea generale, i canonisti adottano una di queste posizioni: l'amore è un elemento psico-affettivo che ha poco a che vedere con il mondo del diritto, o è un atto di volontà che può essere incluso nell'ambito giuridico. C’è poi chi combina le due posizioni e descrive l'amore coniugale a partire dalla natura affettiva e volitiva.
Autori come il Navarrete, d'Avack, Fedele27 e Graziani, invece, sono considerati i massimi rappresentanti di quella corrente dottrinale che sostiene che l'amore coniugale è essenzialmente un amore affettivo carente di rilevanza giuridica. Navarette, autore che ha difeso con maggiore insistenza la non rilevanza giuridica dell'amore coniugale, si concentra maggiormente sulla non coincidenza di questo con il consenso matrimoniale. L'amore verrà considerato un elemento essenziale nella struttura giuridica del matrimonio, se è una componente essenziale del consenso in quanto causa efficiente del matrimonio, oppure se è un elemento essenziale dell'oggetto del consenso. Nel corso della sua analisi si richiama la distinzione accolta, sin dalla dottrina canonistica del passato, tra il momento dinamico della formazione giuridica del matrimonio (matrimonium in fieri) e il risultato o effetto di questo momento dinamico che è il matrimonio già costituito giuridicamente (matrimonium in facto esse). Il matrimonio viene giuridicamente ad esistere nel momento in cui i due coniugi prestano il consenso matrimoniale giuridicamente efficace, il quale è irrevocabile. Dal punto di vista teologico, il sacramento del matrimonio si identifica, invece, con il matrimonio in fieri, dunque, si compie nello stesso momento in cui si crea il vincolo matrimoniale prodotto dallo scambio del consenso. L'autore per determinare la rilevanza giuridica dell'amore coniugale, focalizza la sua attenzione sul ruolo che questo ha nel momento dinamico della formazione del matrimonio, giacché l'amore in nessun modo può, invece, incidere giuridicamente sulla struttura essenziale di un matrimonio già costituito, cioè nel matrimonio in facto esse. Il Navarrete esclude la necessità della permanenza di qualsiasi elemento soggettivo per far rimanere in vita il matrimonio, da lui considerato «un rapporto giuridico e realtà teologica (fra battezzati), creati dal consenso giuridicamente efficace».
E' sbagliato identificare l'amore coniugale con il consenso matrimoniale: ricorda a questo proposito il Navarrete:
«il consenso matrimoniale è un atto di volontà il quale produce in un istante indivisibile il suo effetto giuridico, cioè il matrimonio in facto esse, senza che possa più avere influsso alcuno nella realtà giuridica creata da sé. L'amore, invece, sebbene si esprima per atti, è un 'habitus', una qualità permanente suscettibile di variazioni: può crescere, diminuire, scomparire e persino trasformarsi in odio».
Si tratta, dunque, di un fenomeno psicologico non soggetto all'imperio diretto della volontà28. L'amore non è identificato nemmeno con il matrimonio visto nell'unità di due soggetti, il quale è generato dal consenso e, dunque, permane anche se viene meno l'amore. Poi si ritiene errata anche l'identificazione con la mutua donazione che i coniugi fanno della propria persona, perché questa, essendo un atto giuridico, si esaurisce nel momento della formazione del matrimonio, e gli effetti che ne derivano, sussistono anche se viene meno l'amore. Per l'autore, l'amore è una res facti, e perciò non può essere assunto nel mondo del diritto, è un elemento agiuridico riguardo al patto coniugale.
Tra gli altri sostenitori della corrente che rifiuta la rilevanza giuridica dell'amore coniugale, si ricorda il Sabbarese che afferma:
«l'amore è una res facti che non può assurgere a oggetto del contratto; pertanto non è possibile assumere l'obbligo giuridico di amare con amore specificatamente coniugale e di essere amato con tale amore, mentre è possibile assumere le azioni e prestazioni quali espressioni di amore coniugale e che possono essere adempiute anche se l'amore viene a mancare. Pertanto l'amore coniugale non ha rilevanza giuridica nella struttura essenziale del matrimonio, perché è un elemento agiuridico e metagiuridico che, in se stesso, non entra nel patto coniugale»29.
Altri canonisti, partendo dall'idea che l'amore coniugale è essenzialmente amore di volontà, ritengono che debba essere descritto considerando anche il suo aspetto effettivo. Tra questi autori si ricordano Bertolino, Carreras, Burke, Fumagalli, Giacchi, Gutiérrez30, Serrano Ruiz, Robleda31, Viladrich e Hervada32 che intendono coniugare l'aspetto affettivo e volitivo dell'amore nel momento in cui bisogna descrivere l'amore coniugale33. Questi, quando si stabilisce una teoria sulla rilevanza giuridica dell'amore coniugale, assegnano una differente rilevanza all'aspetto affettivo e a quello volitivo dello stesso.
Per comprendere quale sia la rilevanza giuridica attribuita a questo amore, molti canonisti sono partiti analizzando la relazione esistente tra l'amore e gli altri elementi essenziali del matrimonio: il consenso, le proprietà e i fini34.
La polemica dottrinale ha riguardato soprattutto la rilevanza giuridica dell'amore coniugale nel consenso. Quelli che descrivono l'amore come un puro affetto sottolineano la sua non rilevanza giuridica nel matrimonio, quelli, invece, che lo descrivono come amore-volontà lo considerano un elemento che ha una certa rilevanza nel consenso. Tanto la descrizione del consenso come atto di amore, quanto il famoso aforisma non amor sed consensus matrimonium facit furono due principi comunemente accettati dalla canonistica. La dottrina, in riferimento al ruolo che l'amore possa avere nel matrimonio in fieri, ci tiene a ribadire che il consenso è l'unica causa che dà origine al matrimonio. Quando si iniziò a discutere della rilevanza di questo amore nel momento costitutivo del matrimonio, gli autori sentirono la necessità di non alterare il principio consensuale e di ricordare che non amor sed consensus facit nuptias. Questo principio consensuale è invocato sia da coloro che ritengono che l'amore coniugale non ha rilevanza giuridica nel consenso e anche da coloro, i quali gli conferiscono un ruolo essenziale nel suddetto atto di volontà35. Allo stesso tempo, la maggior parte dei canonisti descrive il consenso come un atto d'amore, utilizzando alcuni l'espressione di atto di amore, altri quella di patto di amore; altri ancora quella di primo atto di amore oppure quella di massima espressione di amore.
I canonisti che descrivono l'amore coniugale in termini di amore-affetto e sostengono la sua irrilevanza giuridica, spiegano che l'unico rapporto esistente tra l'amore e il consenso è che il primo (amore sentimento) è, di solito, uno dei motivi che porta a contrarre il matrimonio, ma non l'unico motivo.
Il consenso, da coloro che descrivono l'amore coniugale solo come impulso psicologico, viene visto come un atto isolato e astratto che non si mette in relazione né con la biografia dei contraenti né con l'amore inteso come procedimento amoroso. Il matrimonio in fieri è espresso come un istante temporale: il momento in cui i contraenti manifestano la loro volontà matrimoniale. In questo modo il consenso si presenta come atto di volontà fugace nel tempo che non si inquadra in tutto il processo di formazione della volontà matrimoniale. L'amore finisce così con l'essere inteso come semplice motivo che può essere presente o meno nel momento di contrarre, ma che non ha una stretta connessione con l'atto di contrarre matrimonio, né con il posteriore sviluppo della vita coniugale.
Questa idea che l'amore sia uno dei motivi del consenso è anche accettata da quei canonisti che descrivono l'amore in termini di amore-affetto e amore-volontà. I più significativi, nella polemica dottrinale sulla rilevanza giuridica dell'amore coniugale, si sono soffermati sul rapporto amore coniugale-oggetto del consenso e, in merito, sono state due le posizioni adottate: la prima che è dell'idea che l'amore coniugale né può e né deve formare parte dell'oggetto del consenso; la seconda sostiene l'idea opposta, affermando che l'amore può e deve essere incluso nell'oggetto del consenso. Tra i sostenitori della prima posizione ci sono coloro che considerano l'amore un elemento giuridicamente irrilevante e anche coloro che, pur se non incontrano difficoltà nella traduzione giuridica dell'amore coniugale, sono diffidenti, però, nel procedere alla sua inclusione nell'oggetto del consenso36.
Lener, Fagiolo, Ferrata, Fumagalli, Giacchi, Gutièrrez, Lecler, Robleda, Serrano Ruiz e Vannicelli, autori che elaborano le loro tesi sulla rilevanza giuridica dell'amore coniugale prima del Codice del 1983, sostengono che l'amore tradotto come ius ad vitae communionem, o communio vitae coniugalis, o consortium totius vitae, o consortium omnis vitae, o communio vitae et amoris forma parte dell'oggetto del consenso. Questi autori spiegano in modo diverso che l'amore coniugale deve essere presente nell'oggetto del consenso, e quindi, nell'atto della volontà matrimoniale.
Già alla luce del Codex del 1917 e in seguito alla Costituzione pastorale Gaudium et Spes, c'è chi afferma, come P. A. d'Avack, che l'oggetto del consenso deve essere ampliato. Questo non deve solo comprendere lo ius in corpus in ordine ad actus per se aptos ad prolis generationem ma anche lo ius ad communitatem vitae et amoris37. La Fumagalli sostiene che l'elementum amoris deve essere oggetto della volontà da parte dei contraenti, in modo che la volontà matrimoniale di ognuno dovrà anche rivolgersi a volere la communitas vitae et amoris38. Il Serrano Ruiz raccoglie l'amore coniugale sotto il concetto di consortium totius vitae e lo considera un elemento essenziale del matrimonio, la cui presenza è necessaria nel matrimonio in fieri. Poiché è necessaria la presenza dell'amore nell'oggetto del consenso, questo ha ripercussioni giuridiche in termini di nullità matrimoniale39. Il Grocholewski spiega che l'amore, inteso come devozione, appartiene alla communio vitae coniugalis, dunque, all'essenza stessa del matrimonio40. Tra gli altri autori si ricorda il Ferrata che considera l'amore coniugale un elemento essenziale del matrimonio, poiché senza di esso non ha senso la definizione del matrimonio come comunità di vita basata sull'amore e dotata di fini e di alcune proprietà caratteristiche e quindi, sarà presente nell'oggetto del consenso matrimoniale41. Il Leclerc descrive il consenso non solo come un impegno personale ma anche sacro: il consenso manifesta una volontà di donazione mutua e di adesione ad una comunità di vita e di amore. L'amore coniugale è l'elemento essenziale del consenso coniugale, ed è inteso come volontà orientata verso l'adempimento di un’opera comune, specifica del matrimonio: il consortium omnis vitae42.
Recibido el 14 julio de 2016 y aceptado el 13 de noviembre de 2016
* Dr.ssa Federica Viola, Cattedra di Diritto Ecclesiastico, Diritto Canonico e Storia del Diritto Canonico, Dipartimento di Economia e Giurisprudenza, Università degli Studi di Cassino, Italia.
References
1 Cfr. tra gli altri A. Bernárdez, Curso de Derecho matrimonial canónico, Barcelona, 1969; A. De La Hera, Sobre la significación del amor en la relación jurídica del matrimonio, in Ius Canonicum, VI (1966), pp. 569 e ss. Id. sullo stesso argomento, in Apollinaris,XL (1967), p. 265 e ss.; O. Giacchi, Il consenso nel matrimonio, Milano, 1968, p. 364; U. Navarrete, Structura iuridica matrimonii secundum Concilium Vaticanum II. Momentum iuridicum amoris coniugalis, Romae, 1969.
2 P. Fedele, Ancora sull'ordinatio ad prolem e i fini del matrimonio, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 25 e ss.
3 GS, 48.
4 Canone 1081 § 2: «Actus voluntatis quo utraque pars tradit et acceptat ius in corpus, perpetuum et exclusivum, in ordine ad actus per se aptos ad prolis generationem».
5 Non si è voluto, secondo il Fedele, ampliare l'oggetto del consenso matrimoniale, aggiungendo allo ius ad coniugales actus, lo ius ad mutuum adiutorium. Più che altro si può ritenere che nelle formule conciliari la traditio acceptatio dello ius in corpus in ordine agli actus coniugales fa nascere nei contraenti lo ius ad vitae communionem mutuumque auxilium e senza questo secondo ius non si può esercitare il primo in modo conforme alla dignità della natura umana (P. Fedele, “L'ordinatio ad prolem” e i fini del matrimonio con particolare riferimento alla Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Ecumenico Vaticano II, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, pp. 22 ss).
6 Della stessa idea è il Lener, che intervenendo sulle relazioni del Fedele, ribadisce la natura compromissoria della Costituzione pastorale. Si sofferma sul principio fondamentale per cui, fine essenziale del matrimonio, è la procreazione ed educazione della prole. Anche il Mantuano ritiene che l'amore coniugale sia funzionale e strumentale alla prole. Il fine tipico (o causa) del negozio matrimoniale sarebbe la costituzione della società coniugale e cioè la traditio- acceptatio dello ius in corpus, perpetuum, exclusivum in ordine ad actus coniugales, i quali ultimi potrebbero essere ordinati ad prolis generationem e ad amorem coniugalem fovendum. S. Lener, Interventi sulle relazioni del prof. Fedele, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, p. 39; G. Mantuano, Interventi sulle relazioni del prof. Fedele, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, p. 44.
7 G. B. Ferrata, Interventi sulle relazioni del prof. Fedele, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 40-41.
8 A. Gutiérrez, Il matrimonio. Essenza ‒ Fine ‒ Amore coniugale. Con particolare riferimento alla donna recisa (II Edizione), Napoli, 1974, p. 81.
9 G. Volta, Indagine filosofica sull'amore, in Enciclopedia del matrimonio, Brescia, 1959, p. 184.
10 A. Valsecchi, Le virtù della vita coniugale, in Enciclopedia del matrimonio, Brescia, 1959, p. 601. Cfr anche J. Leclercq, Amore e matrimonio, Torino, 1953, p. 125; J. Mouroux, Senso cristiano dell'uomo, Brescia, 1958, p. 256.
11 P. Viladrich, Amor conyugal y esencia del matrimonio, in Ius Canonicum XII (1972), pp. 309-310; J. Hervada ‒ P. Lombardía, El Derecho del Pueblo de Dios. Hacia un sistema de Derecho canónico. III. Derecho matrimonial, Pamplona, 1973, p. 52.
12 Tra questi si ricorda A. Van Kol, Theologia moralis, I, Barcelona, 1968, n. 470.
13 V. Fagiolo, Essenza e fini del matrimonio secondo la Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 95-96.
14 Ibidem, pp. 92-102.
15 P. Fedele, “L'ordinatio ad prolem” e i fini del matrimonio con particolare riferimento alla Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Ecumenico Vaticano II, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, p. 17; V. Fagiolo, Essenza e fini del matrimonio secondo la Costituzione pastorale Gaudium et Spes del Vaticano II, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, p. 93; G. De Rosa, Dignità del matrimonio e della sua famiglia e sua valorizzazione, in AA.VV., La Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Introduzione storico-dottrinale. Testo latino e traduzione italiana. Esposizione e commento, Torino, 1966, p. 754.
16 Questa sembrava essere l'unica definizione possibile della società coniugale.
17 G. Mantuano, La definizione giuridica del matrimonio nel magistero conciliare, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano II, 1971, p. 194.
18 Ibidem, pp. 196-197.
19 O. Giacchi, Il consenso nel matrimonio canonico, Milano, 1950, II ed., pp. 201 e ss.; nella III ed. 1968, pp. 350-356.
20 P. Gasparri,Tractatus canonicus de matrimonio, Roma, 1932, vol. I, n. 7, p. 15.
21 A. Gutiérrez, Il matrimonio. Essenza ‒ Fine ‒ Amore coniugale. Con particolare riferimento alla donna recisa (II Edizione), Napoli, 1974, p. 87; G. Arosio, Matrimonio e famiglia, in La Chiesa nel mondo contemporaneo, 3, Torino, 1967, pp. 285-287; V. Heylen, Il matrimonio e la famiglia, in La Chiesa nel mondo contemporaneo, ed. italiana a cura di E. Giammancheri, Brescia, 1967, pp. 279 ss.
22 Anche lo Spinelli fa alcune riflessioni sul tema “Essenza e fini del matrimonio canonico secondo la Costituzione conciliare Gaudium et Spes”. Si sottolinea come la procreazione essendo fine primario del matrimonio non potrà mai costituirne l'essenza. L'integrazione reciproca delle persone dei coniugi è elemento essenziale del matrimonio, considerato come comunità e società coniugale, non è fine della società, ma è la stessa società. L. Spinelli, Discussioni e interventi sulla relazione di Vincenzo Fagiolo, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 114-115.
23 U. Navarrete, Structura iuridica matrimonii secundum Concilium Vaticanum II, Roma, 1968, pp. 142-143.
24 S. Lener, L'oggetto del consenso e l'amore nel matrimonio, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 138-139.
25 Sulla rilevanza giuridica dell’amore coniugale e le diverse teorie a riguardo, si cfr. T. Cervera Soto, Algunas reflexiones sobre la relevancia jurídica del amor conyugal en el consentimiento matrimonial, in Ius Canonicum, XXXIX, n. 77 (1999), pp. 205-223.
26 Tra questi se ne possono citare alcuni: d'Avack, Fedele, Ferrata e Gismondi.
27 Il Fedele scrive: «la verità è che - nonostante qualche affermazione, che ad una prima affrettata lettura, potrebbe indurre a pensare il contrario, e trova la sua ragion d'essere nell'intento non già d'indurre sostanziali novità, ma di trovare qualche formula di compromesso, ‒ l'amore coniugale, al pari della copula carnale, non ordinato alla procreazione della prole non ha trovato posto nella Gaudium et Spes». Per poi aggiungere: «ed ancora oggi l'amore coniugale non ha altra giuridica rilevanza al di fuori di quella derivante dal fatto che il 'defectus amoris' costituisce una 'praesumptio aversionis' in tema di prova della 'vis et metus'», in Ancora sull'ordinatio ad prolem e i fini del matrimonio, in AA.VV, L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, p. 38.
28 U. Navarrete, Consenso matrimoniale e amore coniugale con particolare riferimento alla Cost. “Gaudium et Spes”, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 205, 212-213. Sempre sull'amore coniugale, Cfr U. Navarrete, Quaedam problemata actualia de matrimonio, 3 edizione, Roma, 1980, pp. 182-183; U. Navarrete, I beni del matrimonio: elementi e proprietà essenziali, in AA.VV., La nuova legislazione matrimoniale canonica. Il consenso: elementi essenziali, difetti, vizi, Città del Vaticano, 1986, p. 99; P. A. Bonnet, L'essenza del matrimonio canonico: contributo allo studio dell'amore coniugale, Padova, 1976, p. 135.
29 L. Sabbarese, Il matrimonio canonico nell'ordine della natura e della grazia.Commento al Codice di Diritto Canonico Libro IV, Parte I, Titolo VII, 2010, pp. 73-74.
30 Scrive Gutiérrez: «l'amore coniugale ordinariamente è comprensivo dell'affetto sensibile e dell'amore di volontà; e ciò si spiega perché generalmente l'amore coniugale di volontà trae origine ed è alimentato dall'istinto sessuale e dalla mutua attrazione dei sessi. Ma l'amore sensibile e quello di volontà in sé stessi, sono qualcosa di diverso anche nel matrimonio. Neanche il matrimonio si sottrae alla legge della contrarietà dell'uno e dell'altro amore: l'esperienza lo conferma. La condizione di natura decaduta accompagna l'uomo dalla nascita alla morte, anche per ciò che concerne i rapporti intersessuali; anzi in modo particolare proprio per questi rapporti» in Il matrimonio. Essenza ‒ Fine ‒ Amore coniugale. Con particolare riferimento alla donna recisa (II Edizione), Napoli, 1974, pp. 60-61.
31 Il Robleda è dell'idea che «l'amore è per sua natura un fatto. Fatto, sì, fondamentale nel matrimonio, il quale si esige, in qualche grado, almeno, al momento stesso nel quale si crea il vincolo giuridico matrimoniale coll'atto giuridico, cioè, con l'atto di volontà intendens vinculum, poiché un vincolo cosi comprensivo della persona ‒ consortium omnis vitae, culminante nel ius exclusivum, perpetuum ad corpus ‒ difficilmente si capisce, che possa abbracciarsi o volersi (actus plene voluntarius) senza l'amore; (voglio dire che difficilmente si avrà l'actus iuridicus, voluntas intende, ‒ creativa del matrimonio ‒ senza che essa si spinta dall'amore); fatto però, non altro che fatto», in Amore coniugale e atto giuridico, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, p. 220.
32 L'Hervada dedica particolare attenzione al concetto di coniugabilitá, in Studi sull'essenza del matrimonio, Milano, 2000, pp. 287-298.
33 Cfr. R. Bertolino, Matrimonio canonico e bonum coniugum. Per una lettura personalistica del matrimonio cristiano, Torino, 1995, p. 106; C. Burke, El amor conyugal nuevas perspectivas juridicas, in Revista Española de Derecho Canónico, 53 (1996), pp. 700-701; J. Carreras, Il bonum coniugum oggetto del consenso matrimoniale, in Ius Ecclesiae, 6 (1994), pp. 137-139; O. Fumagalli, Essenza ed esistenza nell'amore coniugale: considerazioni canonistiche, in Ephemerides Iuris Canonici, 36 (1980), pp. 216-218; O. Fumagalli, Amour conjugal et indissolubilitè dans le consentement au marriage canonique, in Studia Canonica, 16 (1982), pp. 227-230; O. Fumagalli, Intelletto e volontà nel consenso matrimoniale in diritto canonico, Milano, 1974, pp. 216-217; O. Giacchi, Chiesa e Stato nella esperienza giuridica (1933-1980), Milano, 1981, p. 374; J. Hervada, Diálogos sobre el amor y el matrimonio (3 edizione), Pamplona, 1987, pp. 47-48; J. Hervada, Vetera et Nova. Cuestiones de Derecho Canónico y afines (1958-1991), Pamplona, 1991, pp. 614-615; O. Robleda, Intorno alla nozione di matrimonio nel diritto romano e nel diritto canonico, in Apollinaris, 50 (1977), pp. 189-190; L. Vela, El matrimonio communitas vitae et amoris, en Estudios Eclesiásticos, 51 (1976), pp. 198-206; J. M. Serrano Ruiz, El derecho a la comunidad de vida y amor conyugal como objeto del consentimiento matrimonial: aspectos jurídicos y evolución de la jurisprudencia de la S. Rota Romana, in Ephemerides Iuris Canonici,32 (1976), p. 55.
34 V. Fagiolo, Amore coniugale ed essenza del matrimonio, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 182-185.
35 Si ricordi a tal proposito: P. Fedele, “L'ordinatio ad prolem” e i fini del matrimonio con particolare riferimento alla Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Ecumenico Vaticano II, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, p. 11; G. Mantuano, La definizione giuridica del matrimonio nel magistero conciliare, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, p. 198; U. Navarrete, Quaedam problemata actualia de matriminio, 3 edizione, Roma, 1980, p. 192; M. F. Pompedda, L'amore coniugale e il consenso matrimoniale, in Quaderni Studio Rotale, 7 (1994), p. 51; M. López Aranda, La relación interpersonal, base del matrimonio, in AA.VV., El “consortium totius vitae”. Curso de derecho matrimonial y procesal canónico para profesionales del foro, v. 7, Salamanca, 1986, p. 217.
36 Si ricordano A. d’Avack, Il problema della rilevanza giuridica dell'amore coniugale, in Dir. Eccl.,1970, I, pp. 445-447; P. Fedele, L'ordinatio ad prolem e i fini del matrimonio con particolare riferimento alla Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Ecumenico Vaticano II, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 12-19, 27-28, 33-35; U. Navarrete, Consenso matrimoniale e amore coniugale con particolare riferimento alla Costituzione Gaudium et Spes, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 210-214; M. Martín, Breves notas a propósito del bonum coniugum, in Ius Canonicum, 73 (1997), pp. 284-285; R. Bertolino, Matrimonio canonico e bonum coniugum. Per una lettura personalistica del matrimonio cristiano, Torino, 1995, pp. 43-48, 66-69.
37 P. A. d'Avack, Per una riforma del matrimonio canonico, in Il Diritto Ecclesiastico, 85 (1974), pp. 12-19.
38 O. Fumagalli, Intelletto e volontà nel consenso matrimoniale in diritto canonico, Milano, 1974, pp. 207-208, 220, 228.
39 J. M. Serrano Ruiz, El derecho a la comunidad de vida y amor conyugal como objeto del consentimiento matrimonial: aspectos jurídicos y evolución de la jurisprudencia de la S. Rota Romana, in Ephemerides Iuris Canonici, 1976, pp. 38-39, 43-48, 51-64.
40 Z. Grocholewski, De communione vitae in nuovo Schemate De Matrimonio et de momento iuridico amoris coniugalis, in Periodica, 68 (1979), pp. 439-454.
41 G. B. Ferrata, Brevi note sull'oggetto del consenso e l'amore nel matrimonio dai testi biblici al Codex Iuris Canonici, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 232-248.
42 G. Leclerc, Amore coniugale e sacramentalità del consenso matrimoniale, in AA.VV., L'amore coniugale, Città del Vaticano, 1971, pp. 189-191.
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