Revista europea de historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas


ISSN versión electrónica: 2174-0135
ISSN versión impresa: 2386-6926
Depósito Legal: MA 2135-2014

Presidente del C.R.: Antonio Ortega Carrillo de Albornoz
Director: Manuel J. Peláez
Editor: Juan Carlos Martínez Coll


INOPIA DELLA ΜΕΓΑΛΗ ἘΚΚΛΗΣΙΑ E SOLUZIONI NORMATIVE: UN BENEFICIUM DI ANASTASIO I

Elio DOVERE

Para citar este artículo puede utilizarse el siguiente formato:

Elio Dovere (2014): ―Inopia della Μεγάλη Ἐκκλησία e soluzioni normative: un beneficium di Anastasio I‖, en Revista europea de historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas, nº 8 (diciembre 2014).

Riassunto: Questo lavoro esamina una brevissima legge di Anastasio I riguardante i funerali da eseguire gratuitamente da parte della Grande Chiesa di Costantinopoli: CI. 1, 2, 18. Lo studio determina la specifica ratio legis (ispirata da ragioni di buon-governo e da preoccupazioni politico-costituzionali) e suggerisce una data per la collocazione cronologica del documento (forse il 515).

Parole-chiave: Anastasio I, Funerali, Μεγάλη Ἐκκλησία, Costantinopoli.

Abstract: This paper studies a very short-law of Anastasius I on the funerals made free of charge by major church of Constantinople: CI 1, 2, 18; the purpose is to determine the ratio legis (of sound administration and political-constitutional) and, together, the date of the document (perhaps the 515).

Key words: Anastasius I, Funerals, Μεγάλη Ἐκκλησία, Constantinople.

1. – Tra le tante leggi dell'imperatore Anastasio I, un brevissimo testo (almeno così pervenutoci) forse del principio del VI secolo, attento sia alla presenza sociale della Megále Ecclesía costantinopolitana sia alla relativa istituzionale funzione di controllo dell'impero, ha suscitato l'interesse della ricerca solo di rado1: di norma è rimasto ignorato sia negli studi dedicati ex professo agli aspetti giuridici dell'attività ecclesiale a favore dei marginali, sia nelle rare analisi che della monarchia anastasiana sono state proposte2. D'altronde, ciò non fa altro che confermare l'ingiustificata disattenzione che di solito viene rivolta alla legislazione di questo dominus imperiale; la lingua greca dei suoi testi, per esempio, l'incertezza dell'esatta collocazione cronologica di essi, soprattutto l'ombra proiettata sulla sua figura dal più 'robusto' e troppo vicino Giustiniano, impediscono ancora il nascere di una solida curiosità scientifica sulla normazione d'Oriente apparsa tra i secoli V e VI. Circa trent'anni di principato, in molti sensi preparatòri del grande periodo giustinianeo, con una ricca e variegata produzione autoritativa segno di un'ottima attività di governo, rimangono così senza spazi adeguati nel mondo degli studi sul Tardoantico3.

Il provvedimento in questione – legge lasciataci in greco nel Codex Iustinianus, mutila dell'inscriptio e priva di data, come spesso quelle protobizantine – con il suo contenuto testimonia una volta di più contro la malevola partigianeria delle fonti letterarie che, nel tempo, avrebbero parlato di una presunta ‘taccagneria’ del successore filomonofisita di Zenone Isaurico4:

CI. 1, 2, 18: [Αὐτοκράτωρ Ἀναστάσιος] Ἡ διάταξις ἀφορίζει τῇ μεγάλῃ ἐκκλησία Κωνσταντινουπόλεως ἐβδομήκοντα λίτρας χρυσίον πρόσοδον εἰς τὸ τὰς κηδείας ἀδαπάνους ἐν Κωνσταντινουπόλει γίνεσθαι καὶ μέχρι τῶν νέων τειχῶν κὰι Βλαχέρναις·αἱ γαρ Συκαῖ μέρος εἰσὶ τῆς πόλεως. Ὁρίζει κατὰ τῶν παραβαινόντων ποινὴν ἀνὰ πεντήκοντα χρυσίου λιτρῶν 5.

Come la poca letteratura specialistica ha avuto modo di notare e come, del resto, già lo stesso Giustiniano osservava con le novellae 43 e 59, poco più di vent'anni dopo l'emanazione del nostro documento, si tratta di un secondo intervento anastasiano centrato sul costo delle esequie nella capitale e sulla connessa concessione di una sostanziosa rendita pubblica alla Grande Chiesa6; del primo provvedimento, però, pur esso un pragmaticum (...κατὰ δύο πραγματικοὺς τύπους)7, va detto che nient'altro si conosce se non quanto si apprende, sebbene non sia poco, appunto da questa successiva produzione novellare. Com'è quasi ovvio immaginare, dei due testi di Anastasio si è regolarmente tenuto conto sempre e solo in relazione al ruolo che essi potrebbero aver giocato nelle scelte operate dal più tardo autore delle novellae, oppure, in contemporanea, e comunque sulla linea esclusiva delle informazioni fornite da Giustiniano, si è badato a essi soltanto per coglierne legami di continuità con la pretesa analoga legislazione costantiniana8.

In sé, invece, e cioè per lo stretto contenuto precettivo/sanzionatorio, il provvedimento anastasiano non ha mai sollecitato un vero interesse; né, nell'ambito di una più attenta lettura della politica dell'epoca, il suo dettato ha stimolato particolari riflessioni riguardanti la specifica ratio normativa9.

Pur nell'impossibilità di farlo per assenza dei testi originali (forse portatori di una regolamentazione ormai di fatto obsoleta negli anni della codificazione10), sarebbe senz'altro interessante poter definire con esattezza i termini di quei più risalenti privilegi, ricordati da Giustiniano, concessi alla Μεγάλη Ἐκκλησία tra la metà del IV secolo, da Costantino, e l'inizio di due secoli dopo, da Anastasio, allo scopo di sostenere (per esempio con entrate provenienti da botteghe o officine libere da gravami fiscali) le spese necessarie per effettuare le numerose esequie (indipendentemente dai luoghi lontani dell'inumazione) nell'affollata capitale11. E il rammarico per questo vuoto documentario appare di non poco momento non foss'altro perché pure grazie alle richiamate, ma non ben conosciute, decisioni imperatorie, segno di un significativo evergetismo pubblico, la Nuova Roma marcava ancora di più, anche a livello legislativo, la ben nota differenza da sempre esistente tra sé e tutte le altre città dell'impero12: soltanto col vivere nell'urbe imperiale, prescindendo dalle rispettive, personali, talora diversissime condizioni sociali, i cives erano maggiormente garantiti rispetto a tutti coloro che abitavano le altre città dell'oikouméne. E questo, paradossalmente, grazie appunto alla prescritta assistenza gratuita della Chiesa in occasione dei funerali, anche nel momento in cui per 'decisione divina' essi non avrebbero più potuto essere i privilegiati cittadini di Costantinopoli ma diventavano, loro malgrado, cives della sola Città ultraterrena.

Ebbene, proprio nel prendere atto di questo serio vulnus informativo, lo storico del diritto non può non tenere conto in modo adeguato, contemporaneamente, dell'unico breve provvedimento di Anastasio viceversa oggi disponibile.

Con le citate due novelle del 537 (13), l'una de ergasteriis Constantinopolis e l'altra de impensis in exequias defunctorum, nel considerare il pregresso intervento di Costantino e le due successive pragmaticae anastasiane Giustiniano avrebbe ben differenziato, nel suo ricordo, le decisioni presenti nei testi normativi del suo quasi immediato predecessore. Egli, fornendo una serie di utili precisazioni riguardanti le statuizioni degli altri due principi – sul numero, per esempio, degli incaricati dei servizi funebri cittadini, come pure, e assieme, sulla provenienza defiscalizzata delle entrate necessarie a sostenere lo svolgimento delle esequie14 –, ci avrebbe lasciato una traccia più o meno percepibile, per quanto oggi non verificabile in maniera precisa, del collegamento esistito tra la prima pragmatica di Anastasio e la legge di Costantino15. Per il primo intervento evergetico anastasiano, invero, quello a noi altrimenti ignoto, nella novella 43 e così nella successiva novella 59 il legislatore del VI secolo avrebbe sottolineato, in luoghi diversi, alcune differenze di contenuto: prima vi sarebbe stata, forse, una sostanziale conferma dell'antica disposizione di Costantino e poi, con lo stesso provvedimento, ai benefici da questa a suo tempo concessi sarebbe stato aggiunto una sorta di generoso ampliamento16.

Al contrario, e di fatto in entrambe le sue novelle, nel caso del ricordo della seconda pragmatica di Anastasio, pur sostanzialmente chiarendo che essa aveva operato nel medesimo ambito applicativo della prima – la gratuità dei riti funerari garantiti dalle concessioni imperatorie previste per la Μεγάλη Ἐκκλησία 17 –, tutte e due le volte il codificatore ne avrebbe affermato, con apprezzabile puntualità, un identico essenziale tenore normativo: la seconda legge anastasiana, presupponendo le immunità fiscali in precedenza attribuite e avendole riconosciute, com'è evidente, insufficienti, aveva assegnato alla Chiesa della capitale una rendita fissa tale da consentire l'espletamento senza spese delle onoranze per i defunti18.

Ora, appunto il dato letterale di questa ulteriore costituzione di Anastasio – che è l'unica delle due, ripeto, pervenutaci col Codex Iustinianus19 – spinge a effettuare alcune osservazioni e a tentare, poi, di ipotizzare qualche ricostruzione del preciso benché minimo segmento di politica normativa: un tassello ulteriore che meglio possa lumeggiare tratti non solo di contorno delle generali scelte di governo di questo sovrano che per altre vie sappiamo essere state assai oculate, ma utile anche a chiarire, nello specifico, foss'anche un solo punto delle tante questioni relative alle forme di assistenza funeraria nell'età antica, un tema a volte ricorrente nel mondo della ricerca20.

Di regola, allorché sia pur raramente gli studiosi hanno avuto modo di occuparsi di tale pragmaticum, la loro diligenza è stata puntualmente rivolta alla questione – interessante ma qui, poiché irrisolvibile, in qualche misura di rilievo marginale – circa la provenienza della ricca rendita prevista dal principe21. Secondo qualcuno, sulla base di un buon indizio giustinianeo, le settanta libbre d'oro annue (ben più di venti chili) utili per gli oneri delle esequie sarebbero scaturite da rendite provenienti da praedia e non da entrate ecclesiali collegate alla produttività di ergasteria cittadini22. Secondo altri, invece, nonostante la specifica assenza di informazioni precise fornite dal testo codificato, esse sarebbero senz'altro venute dal gettito proveniente da officine esenti da munus assegnate alla Ecclesía costantinopolitana23; anzi, talora si è posto anche il quesito, diversamente risolto, se degli ergasteriimmuni da cui trarre danaro e personale per la realizzazione gratuita dei funerali fosse stata davvero concessa la proprietà alla chiesa maggiore della capitale oppure se, viceversa, la normazione (costantiniano-)anastasiana avesse semplicemente ritenuto sufficiente, per lo scopo caritativo prefissato, limitarsi a riconoscere l'esistenza di speciali 'obblighi' a carico degli enti incaricati24: in buona sostanza, questi ultimi avrebbero ottenuto ogni genere di immunità a condizione che avessero reso, presso la Grande Chiesa, servizi finalizzati ad esequie senza spese a favore dei cittadini.

In realtà, nel tenere giustamente conto solo dell'essenziale stesura pervenutaci, dunque per limitarci in modo rigoroso al dettato codificatorio, quello che della pragmatica di Anastasio interessa subito è non soltanto il dato della concessione alla Μεγάλη Ἐκκλησία di una sostanziosa rendita a scopo funerario ma, e forse soprattutto, il fatto che il legislatore tentasse di garantire il rispetto del corpo normativo della propria disposizione – la gratuità delle esequie cittadine – con la minaccia di una sanzione gravissima (poco più di sedici chili d'oro), una poena quasi pari alla pubblica elargizione non appena prevista.

Inoltre, e a maggior ragione se si valuta l'estrema stringatezza del discorso legislativo – solo un paio di succinte proposizioni, perfettamente tipiche dello stile anastasiano25 –, appare forse altrettanto importante il fatto che il principe si preoccupasse di delimitare con minuzia l'area geografica di applicazione della norma. Egli indicava con precisione i confini nordoccidentali della città-capitale – per il resto il Mar di Marmara e il Bosforo, in qualche misura anche il Corno d'Oro, provvedevano a recingerla col mare –, includendo al suo interno, con puntualizzazione quasi meticolosa, lo spazio suburbano posto a settentrione dell'insenatura marittima cittadina, e quello densamente edificato subito a nord-ovest del grande centro abitato26: l'insediamento di Sykae sviluppatosi nell'ambito peratico oltre il Corno d'Oro, sul promontorio opposto alla città originaria, all'area del Palazzo27; la regio delle Blacherne, quasi una piccola cittadina (con un imponente palazzo imperiale innestato nelle mura28) cresciuta a un chilometro dall'antico perimetro dell'urbe costantiniana29.

Peraltro, e direi in contemporanea, nel nostro provvedimento sollecita una certa attenzione anche l'assenza della data, e perciò una qualche esigenza di più o meno precisa collocazione storica di esso. Il pragmaticum, nonostante l'assoluto silenzio dei moderni editori del Corpus giustinianeo30, ad opinione della migliore dottrina potrebbe essere stato dato nell'anno 51531, ovvero, a dispetto di talune generali incertezze cronologiche relative al regno anastasiano32, poco prima della scomparsa del principe avvenuta a metà del 51833. E il fatto potrebbe comportare qualche elemento valutativo ulteriore per tentare un'accettabile ricostruzione delle ragioni dell'emanazione della norma stessa.

2. – Se si soppesano le informazioni disseminate nelle due più volte citate novelle di Giustiniano, ciò che emerge con urgenza è senz'altro la premente presenza in esse di alcune delle questioni, soprattutto fiscali, legate alle funzioni, ma specialmente al numero, del personale non ecclesiastico addetto ai servizi funebri gratuiti, come per esempio i decani, organizzati in collegi o corporazioni collegate alle officine di cui la Grande Chiesa aveva disponibilità34. In effetti, solo con il lavoro svolto da tali maestranze alle dipendenze del clero – in qualche caso col danaro fornito da ergasteri o terreni – la gratuità delle esequie cittadine, più che concretamente confermata da Anastasio, poteva essere garantita35.

E perciò, premessa l'incertezza esibita dalle fonti giustinianee circa l'autonomia dell'attività svolta dai decani – potrebbe anche essersi trattato, invero, non di dipendenti di ergasteria di proprietà ecclesiale, ma di lavoratori autonomi chiamati a cogenti prestazioni caritative perché collegati a officine del tutto immuni da oneri tributari36 –, e tenuto conto sia del peso politico d'una elargizione tanto considerevole come la grossa rendita annua di cui è parola in CI. 1, 2, 1837 sia, e soprattutto, della durezza della pena ivi prevista in caso di violazione di legge, il sospetto, ma ben supportato, è che qualcuno, presso la Μεγάλη Ἐκκλησία, pretendesse appunto illegalmente (magari lucrando) le spese per i servizi funerari.

Così come la novella 59, nel 537, avrebbe informato sulla situazione patologica venutasi a creare rispetto alla gratuità delle esequie – un problema allora sollevato, come si arguisce dalla praefatio della legge, dai parenti di alcuni defunti38 –, altrettanto si è autorizzati a ipotizzare che potrebbe essere avvenuto in età anastasiana; nonostante il consolidato gratuito sistema ecclesiale normativamente prescritto da più di un secolo, e sino allora finanziariamente garantito in maniera sufficiente, è immaginabile possa essersi verificato un analogo abuso forse da parte di qualcuno fra gli ecclesiastici che avevano l'immediata possibilità di coordinare il lavoro dei decani e quindi l'obbligo di retribuirli39. Potrebbe essersi ripetuta nel tempo (in qualche caso, magari, per occasionale inopia ecclesiale, persino incolpevolmente), e in ipotesi consolidatasi con scandalo, una tale indebita richiesta di danaro per le onoranze funebri cittadine da indurre il legislatore a intervenire rinnovando l'antico locale beneficium,e quindi a minacciare pesanti conseguenze ai violatores del proprio pragmaticum: questo, come leggiamo, non senza aver prima adempiuto, comunque, e generosamente, ai propri compiti di principe attento alle necessità pubbliche una volta rilevata l'obiettiva insufficienza degli apporti già esistenti alle finanze della Chiesa, dunque palesemente incapienti a garantire la specifica funzione caritativa40.

Ora, noi sappiamo con precisione documentale come l'opulenza della Grande Chiesa, quanto meno verso la fine del V secolo, avesse subito un forte decremento; è quanto legislativamente si ricava, come ci è stato sottolineato dalla ricerca, già dalla prima produzione novellare del secolo successivo41. Giustiniano medesimo, invero, avrebbe potuto direttamente verificare, e così darcene testimonianza fededegna, l'incapacità economico-finanziaria della Megále Ecclesía di garantire un surplus di entrate rispetto alle spese strettamente necessarie (e, pare, comunque insufficienti) a 'mantenere sé stessa'42; ragioni varie – non ultime delle quali l'eccessivo numero di clerici come pure, e forse più, la cattiva e talora colpevole gestione del proprio patrimonio fondiario43 – avevano sicuramente compromesso persino l'integrità patrimoniale di quella sorta di imponente complesso amministrativo facente capo alle chiese raggruppate della capitale, tanto da renderlo spesso finanche titolare di deprecabili posizioni debitorie44. E la situazione, col passare degli anni, era divenuta talmente critica che, giusto per rimanere con la produzione normativa del saggio amministratore Anastasio, nell'interesse del futuro patrimoniale della Grande Chiesa – e, com'è naturale, con sguardo di governo funzionalmente rivolto anche, e non in secondaria misura, ai compiti caritativi di essa – il legislatore era dovuto intervenire, giusto per l'area di Bisanzio, al fine di porre un generale divieto di alienazione dei beni ecclesiastici: CI. 1, 2, 17 45.

Un insieme di circostanze finanziarie del genere (vi è persino chi, in proposito, ha parlato di dissesto46), e con la permanenza, per quello che qui interessa, dell'obbligo da parte della struttura ecclesiale di garantire la gratuità di tutti i funerali della città sul Bosforo, non avrebbe potuto che sollecitare l'assegnazione straordinaria di una cospicua rendita finanziaria come quella, appunto, prevista dal principe con la pragmatica poi collocata (non si sa quanto testualmente 'massimata') in CI. 1, 2, 18: solo grazie a tale intervento benefico, si intuisce con chiarezza, la Megále Ecclesía sarebbe stata in condizione di rispettare lo svolgimento sine mercede dei suoi compiti nell'onorare adeguatamente i defunti cittadini con cerimonie solenni e degne sepolture. Nel contempo, però, onde evitare il ripetersi di abusi anche ai danni della nuova ed evidentemente essenziale elargizione – e questo vuoi per frodi che avrebbero potuto sottrarre ergasteri alle ordinarie rendite ecclesiali, vuoi per veri e propri fenomeni di fatto estorsivi delle spese funebri a danno di privati47 –, la cancelleria minacciava la quasi equivalente pena di cinquanta libbre d'oro: una sanzione severissima e, visto l'allora pencolante contesto finanziario della Chiesa, fortemente deterrente, la cura della cui esecuzione (chissà, se del caso, proprio ai danni dell'economo della Grande Chiesa o, guardando alla sproporzione della pena, persino a carico dello stesso patriarca48) com'è senz'altro possibile presumere veniva rimessa addirittura al praefectus praetorio oppure, e sufficientemente se si considera il perimetro geografico ivi testualmente circoscritto, anche solo al praefectus Urbi49.

Peraltro, proprio la completa accuratezza politico-legislativa che promana da tale brevissimo provvedimento – apprezzabile scopo benefico, larga provvidenza evergetica, preciso ambito d'applicazione, estrema severità normativa – induce a qualche riflessione, per così dire, di tipo storico-cronologico.

Noi sappiamo bene come l'intero regno di Anastasio sia stato costantemente scosso da difficoltà niente affatto agevoli da superare50. Zaccaria Retore, il 'lettore' Teodoro, Giovanni Malala, Marcellino Comite, Cirillo di Scitopoli, e poi Vittore di Tunnuna, Evagrio di Epifania, Giovanni Antiocheno, Teofane Confessore, Giovanni di Nikiu, Giorgio Cedreno, e ancora Teodosio Meliteno, Giovanni Zonara, Niceforo Callisto Xantopulo, e tanti altri autori coevi e successivi (Prisciano di Cesarea di Mauritania, Proclo, Giovanni Mosco, Leone Grammatico, Michele Glykas, ecc.), sono stati davvero generosi nel riferire i particolari delle tante rivolte interne, sia periferiche sia ripetutamente costantinopolitane, e delle guerre esterne affrontate da questo principe nel corso del suo lungo impero51.

In specie, come poi ha bene ricostruito la critica storica, tra l'anno 514 e il 515 proprio la capitale avrebbe dovuto subire l'ennesimo e serio attacco da parte sia delle truppe terrestri sia della flotta di Vitaliano, ex magister militum per Thracias, intenzionato a detronizzare l'anziano imperatore52. E dunque, appunto nell'ambito delle molte inziative allora intraprese da Anastasio alla ricerca di consenso in un decisivo momento di forte bisogno di coesione politico-territoriale – si pensi, in questa chiave, già solo al tentativo di riavvicinamento al vescovo di Roma, nell'intento (ma poco sentito) di ricucire il persistente scisma acaciano53 –, il legislatore, secondo alcuni, avrebbe ragionevolmente assunto la benevola decisione di favorire, ancora una volta in maniera tangibile, i cittadini di Costantinopoli. Per impedire che nella 'sua' città, difesa non solo dalle fortificazioni teodosiane ma pure, e in particolare l'hinterland, dal 'suo' articolato Muro Lungo54 e dalla estensione urbana giunta, ormai, fino alle Blacherne e formalmente comprendente persino il tratto oltremare delle Siche – un quartiere, questo, militarmente occupato da Vitaliano nell'autunno del 515 e poi liberato55 –, «la povera gente... [venisse] spedita al cimitero con qualche benedizione sommaria», oppure per evitare che, come non si può escludere, i meno abbienti dovessero finanche indebitarsi per pagare quelle onoranze funebri (e la sepoltura) che, al contrario, e fin dai tempi di Costantino, avrebbero dovuto essere assolutamente gratuite, proprio nel 515 egli provvedeva a integrare le disponibilità finanziarie della Megále Ecclesía con una rendita a ciò specificamente dedicata56.

Ebbene, la concretezza di questa 'lettura' dell'iniziativa anastasiana può certo essere d'aiuto nella sistemazione temporale del nostro brevissimo pragmaticum, e pur se la si può ritenere sostanzialmente condivisibile pare comunque senz'altro lecito affiancare a essa qualche altra congettura forse altrettanto politicamente motivata.

L'anno 515 è pure quello nel quale sarebbe morta Arianna, la moglie del principe, colei che in una recente ricerca (tanto scientificamente carente quanto, invece, 'felice' nel titolo assegnatole57) è stata giustamente definita «la garante della porpora»: senza il matrimonio con questa figlia, madre e vedova di imperatori (rispettivamente Leone Trace, Leone II e Zenone Isaurico) l'anziano silenziario Anastasio, nel 491, non sarebbe certo riuscito ad accedere al potere e poi a mantenerlo, non foss'altro che per i suoi trascorsi di intenso, eccentrico e militante cristiano filomonofisita per questo inviso all'allora potente neopatriarca costantinopolitano Eufemio (un Pastore, com'è naturale che fosse, di fatto per nulla disimpegnato negli affari della politica)58.

Era stata proprio Arianna che alla morte di Zenone, dopo un paio di giorni in cui sembra che, significativamente, avesse finanche esercitato da sola il summum imperium, aveva indicato nel vecchio funzionario di Palazzo il nuovo sovrano dei Romani59. E questo nuovo principe, connotato da più d'una 'difficoltà costituzionale', più volte negli anni contestato con violenza dal popolo della capitale e ogni volta sapientemente difesosi, se nel corso di quasi cinque lustri aveva mantenuto un solido fil rouge con le domus Augustae degli immediati successori di Teodosio e Marciano lo doveva senz'altro alle nozze con Arianna celebrate non appena un mese dopo l'incoronazione60. Questo lungo e, in senso legittimistico, quasi indispensabile legame col passato imperiale sarebbe pericolosamente caduto, perciò, nel 515, con la morte dell'Augusta avvenuta nella grande reggia61. Ancora più, dunque, vi sarebbe stata allora la necessità di mantenere, o di rinnovare, il consenso dei cittadini di Costantinopoli attorno al trono e al vecchio principe; e questo grazie pure a provvedimenti normativi creatori di generosi beneficia come quello che abbiamo visto: manifestazioni tangibili di un sempre bene accolto paternalismo imperatorio a vantaggio generico di tutti, e massime dei ceti subalterni62, degli indigenti63, dell'interesse particolare di singoli ma tanti cittadini in affanno64, e anche, al contempo, segno e misura di un atteggiamento legislativo di governo fermamente ispirato all'attenta e sana amministrazione.

[Recibido el 15 de octubre de 2014. Aceptado 25 de noviembre de 2014].

* Ordinario di Istituzioni e storia del diritto romano e di Fondamenti e storia del diritto europeo. Universit� degli Studi di Napoli �Parthenope�.

NOTAS

1 Vd. P. Rasi, Donazione di Costantino e di Anastasio alla chiesa di S. Sofia per le spese funeralizie a Costantinopoli, in Festschrift Wenger, 2, München, 1945, p. 269 ss.

2 Per es. vd. C. Corbo, “Paupertas”. La legislazione tardoantica, Napoli, 2006; F. K. Haarer, Anastasius I. Politics and Empire in the Late Roman Word, Cambridge, 2006, p. 221.

3 Vd. il mio «La parca subtilitas di Anastasio I: sana amministrazione, leges, sviluppo», in I nuovi caratteri del dualismo nord-sud: aspetti economici, sociali e normativi. Scritti Vinci, edd. R. Bifulco-M. R. Carillo, Napoli, 2013, p. 207 ss. (= in Κοινωνια 35 [2011], p. 63 ss.).

4 Cfr. CI. 2, 7, 25 pr. (Iust., a. 519); comunque vd. L. Duchesne, «L’empereur Anastase et sa politique religieuse», in Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, 32 (1912), p. 22 ss.

5 Cfr. la versio dell'ed. di Krüger: Constitutio magnae ecclesiae Constantinopolitanae reditum septuaginta auri librarum adsignat, ut funera Constantinopoli gratis fiant etiam usque ad novos muros et Blachernas: Sycae enim pars urbis sunt. Adversus violatores statuit poenam quinquagenarum librarum auri.

6 Cfr. NovIustin. 43 pr.-1.; 59 pr.-1.

7 Cfr. NovIustin. 59 pr. (Schöll 317, 12-15; come qui, talora è utile indicare anche le linee testuali di riferimento).

8 Anch'essa assente nelle raccolte legislative e attestata solo dalle novellae del VI secolo; vd. G. Ferrari dalle Spade, «Le immunità ecclesiastiche nel diritto romano imperiale», in Id., Scritti giuridici,3, Milano, 1956, p. 125 ss. (= in Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti,99 [1939-40], p. 105 ss., da cui cito: qui p. 159 nt. 1); A. M. Demicheli, La MEGALE EKKLHSIA nel lessico e nel diritto di Giustiniano, Milano, 1990, p. 66 ss.

9 Vd. S. E. Bond, «Mortuary Workers, the Church, and the Funeral Trade», in Journal of Late Antiquity, 6 (2013), p. 135 ss.

10 La NovIustin. 43 rappresenta con vivacità l'insostenibile situazione delle immunità tributarie usurpate nel sec. VI da innumerevoli ergasteria della capitale.

11 Cfr. le informazioni che sono in NovIustin. 43 pr. (Schöll 270, 8-18); cfr. CTh. 9, 17, 6 (a. 381) per il divieto di sepolture definitive in area costantinopolitana, anche a dispetto del diffondersi della ben nota pratica delle sepolture ad sanctos (vd. Y. Duval, Auprès des Saints corps et âmes: l'inhumation "ad sanctos" dans la chrétienté d'Orient et d'Occident du IIIe au VIIe siècle, Paris, 1988, spec. p. 99 ss.), ovveropresso le reliquie di apostoli e martiri trasferite nelle città.

12 Cfr., per es., Socr., Hist. Eccl.,2, 13 (Hansen 104, 3 ss.); si pensi, per es., ad alcune esplicite leggi del Teodosiano de annonis civicis et pane gradili: CTh. 14, 17, 7; 9; 12 e 13.

13 La prima, nella versio dell'Authenticum,è datata al 536 (e così, acriticamente, vd. Bond, Mortuary Workers, cit., p. 135 nt. 2).

14 Cfr. Nov. 43 pr. (Schöll 269, 26 ss.) e 1 (Schöll 271, 6-20).

15 Cfr. Nov. 59 pr. (Schöll 317, 9 ss.).

16 Cfr. Nov. 43 pr. (Schöll 270, 1-10) e Nov. 59 pr. (Schöll 317, 2 ss.). Vd. ora Bond, Mortuary Workers, cit., p. 136, senza però menzione della nostra legge.

17 Cfr. NovIustin. 59 pr. (Schöll 317, 11-21: Anastasio ...et reditum certum largiente ...causam procedere neque sine mercede fieri defunctorum exequias); adde ibid.,59, 1 (38 s.).

18 Cfr. Nov. 43 pr. (Schöll 270, 35-40); Nov. 59 pr. (Schöll 317, 15-22). L. Bréhier, s. v. «Anastase 20», in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastique, 2 (1914), p. 1447 ss., qui p. 1451, sbaglia a non ammettere novità nelle disposizioni di questo pragmaticum.

19 Vd., per es., D. G. Hänel, Corpus legum ab imperatoribus Romanis ante Iustinianum latarum, Aalen, 1965, 2ª ed., p. 261 ss.

20 Vd., per es., G. Dagron, «"Ainsi rien n'échappera à la réglementation". État, Église, corporations, confréries: à propos des inhumations à Constantinople (IVe-Xe siècle)», in Hommes et richesses dans l'Empire byzantin 2, VIIIe-XVe siècle, edd. V. Kravari-J. Lefort-J. Morrison, Paris, 1991, p. 155 ss.; É. Rebillard, Religion et sépulture. L’Église, les vivants et les morts dans l’Antiquité tardive, Paris, 2003; Id., «Les formes de l'assistance funéraire dans l'empire romain et leur évolution dans l'antiquité tardive», in Antiquité tardive, 7 (1999), p. 269 ss.; adde Bond, Mortuary Workers, cit.

21 Per Delmaire Anastasio avrebbe "versato" direttamente le settanta libbre d'oro alla Grande Chiesa (ma da quale 'cassa': dalla res privata principis?): Les lois religieuses des empereurs romains de Constantin à Théodose II (312-438) 1. Code Théodosien XVI, Texte latin de Th. Mommsen-Trad. J. Rougé-Introd. et notes R. Delmaire, F. Richard et alii, Paris, 2005, p. 400 nt. 1.

22 Cfr. NovIustin. 59, 2 (Schöll 319, 1-6); vd. Demicheli, La MEGALE EKKLHSIA, cit., p. 68. Il discorso della cancelleria in NovIustin. 59, 1 (Schöll 317, 12-15) fa senz'altro pensare a due, nel tempo, ben distinte previsioni anastasiane: prima l'assegnazione di un certo numero di ergasteri alla Grande Chiesa (Anastasio ...non solum ergasteriis illis quinquaginta et centum adiciente...: Schöll 317, 12-14) e poi la costituzione di un'apposita rendita (... et reditum certum largiente per duas pragmaticas formas: Schöll 317, 14 s.).

23 È Rasi, Donazione di Costantino e di Anastasio, cit., p. 280, che fa dire ciò troppo esplicitamente alla nostra legge.

24 Vd. rispettivamente Ferrari dalle Spade, Le immunità ecclesiastiche, cit., p. 159 s.; Rasi, Donazione di Costantino e di Anastasio, cit., p. 282.

25 Chissà quanto rimane dell'originale nel testo in CI. 1, 2, 18; tuttavia, la lingua legislativa di Anastasio appare effettivamente, più che spesso, priva di particolari orpelli o verbosità, quasi l'espressione tecnica di un esperto burocrate, quella di un funzionario coscenzioso e zelante; vd. C. Capizzi, L’imperatore Anastasio I (491-518). Studio sulla sua vita, la sua opera e la sua personalità, Roma, 1969, p. 49 nt. 11 e 242.

26 Sulla crescita della capitale d'Oriente (attento agli studi di Jacoby, Janin e Mango vd. G. Dagron, Costantinopoli. Nascita di una capitale (330-451), tr. A. Serafini, Torino, 1991, p. 530 ss.) è interessante, qui, il punto di vista storico dello studioso-'tecnico' dell'urbanistica: V. Franchetti Pardo, Città, architetture, maestranze tra tarda antichità ed età moderna, Milano, 2001, p. 19 ss.

27 Per tutti, vd. E. Dallegio d'Alessio, «Galata et ses environs dans l'antiquité», in Revue des études byzantines 4 (1946), p. 218 ss. (con fonti), spec. p. 223 s.

28 Sulla porzione di esso fatta edificare da Anastasio si vd. da Capizzi, L'imperatore Anastasio I, cit., p. 201.

29 Pur se esiste una letteratura non risalente (per es. A. Paribeni, «Il quartiere delle Blacherne a Costantinopoli», in Atti della Giornata di Studio Storia dell'Arte e della Cultura Artistica Bizantina, edd. C. Barsanti-A. Guiglia Guidobaldi-A. Iacobini, Roma, 1986, ivi, 1988, p. 215 ss.), preferisco rinviare a J. B. Papadopoulos, Les palais et les églises des Blachernes, Thessalonique 19282; M. Schneider, «Die Blachernen», in Oriens 4 (1951), p. 82 ss.; cui adde C. Mango, «The Origins of the Blachernae shrine at Constantinople», in Acta XIII Congr. intern. arch. christ. 2, Split-Città del Vaticano, 1998, p. 61 ss. (nonché Id., Le développement urbain de Constantinople (IVe-VIIe siècles), Paris, 1985).

30 Vd. per es. in apparatu a CI. 1, 2, 18; cui adde l'Appendix dell'ed. Krüger del Codice: p. 508.

31 Così vd. Bréhier, Anastase, cit., p. 1450; Haarer, Anastasius I, cit., p. 221; Capizzi, L'imperatore Anastasio I, cit. p. 145, parebbe disponibile anche ad anticipare il pragmaticum di qualche tempo. Altri non prendono posizione: Rasi, Donazione di Costantino e di Anastasio, cit., p. 280; Demicheli, La MEGALE EKKLHSIA, cit., p. 68.

32 Vd. sul punto Capizzi, L'imperatore Anastasio I, cit., p. 259 s.

33 Cfr. Cyrill. Schyth., Vitae Sabae 1 e 60 (Schwartz 87, 10 e 161, 5 ss.).

34 Per Dagron, Costantinopoli, cit., p. 498 e p. 501, i decani avrebbero costituito un corpo di inservienti a disposizione del vescovado; essi (con i lecticarii) erano comunque i lavoratori incaricati degli adempimenti materiali connessi con le onoranze funebri (immediato riscontro è, per es., nel vecchio ma sempre prezioso Glossarium del du Cange: http://ducange.enc.sorbonne.fr/DECANUS2; riferimenti documentari sufficienti sono in Demicheli, La MEGALE EKKLHSIA, cit., p. 67 nt. 4); adde G. Moroni, s. v. «Decano o Decanato», in Id., Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro fino ai nostri giorni 19, Venezia, 1843, p. 166.

35 Cfr. NovIustin. 59 pr. (Schöll 317, 9 ss.).

36 È il caso in CTh. 15, 1, 52 (a. 424).

37 Rasi, Donazione di Costantino e di Anastasio, cit., p. 282, ritiene che la donazione anastasiana «si riducesse ad una semplice concessione alla Chiesa di S. Sofia di un diritto a determinate prestazioni da parte di un certo numero di botteghe, e ciò perché la Chiesa potesse eseguire gratuitamente i funerali in Costantinopoli»; più correttamente Ferrari dalle Spade, Le immunità ecclesiastiche, cit., p. 160 s., sottolinea invece l'assegnazione «di un certo reddito ...il cui ammontare ...fosse dagli Economi adoperato a sostenere spese funerarie e le mercedi del personale impiegato in questa bisogna».

38 Cfr. Nov. 59 pr. (Schöll 317, 19-24).

39 Cfr. NovIustin. 59, 1 (Schöll 317, 27 ss.; con ricordo della 'donazione' anastasiana).

40 Del resto, un intervento analogo, benché diverso nelle misure specifiche adottate, sarà appunto quello giustinianeo del 537; cfr. Nov. 59, 1 (Schöll 317, 27 ss.).

41 Vd. Demicheli, La MEGALE EKKLHSIA, cit., spec. p. 22 ss.

42 Cfr. Nov. 3 pr.; adde NovIustin. 16, 1.

43 Cfr., per es., NovIustin. 3, 1-2; 7 pr. e 3; adde NovIustin. 16 pr.-1.

44 Cfr. NovIustin. 40 pr.-1.

45 Constitutio codificata in greco e senza data; a essa adde la legge di Leone del 470 in CI. 1, 2, 14 e la successiva NovIustin. 7 (a. 535).

46 Così, giustamente, Demicheli, La MEGALE EKKLHSIA, cit., p. 22 ss., sulla base di NovIustin. 3 (ma cfr. pure Novv. 6, 7, 16, 120, 123).

47 D'altra parte, e in maniera sistematica, la normazione anastasiana aveva efficacemente perseguito l'obiettivo di eliminare per quanto possibile le diffuse sacche di corruttela presenti negli ambienti della pubblica amministrazione: cfr., per es., CI. 10, 19, 9 e 10 (aa. 496 e 498), con cui si prendeva posizione sugli abusi commessi dai canonicarii e dagli altri collettori delle imposte, e si rendevano responsabili delle entrate tributarie i membri stessi degli officia praefectorum, i governatori delle provincee tutti gli altri esattori.

48 Si pensi alle articolate conseguenze che saranno poi previste da Giustiniano per il caso di venalità delle cariche della ecclesia: Novv. 6, 1, 5 e 9; 123, 2, 1 e 16 pr.-1; ma specialmente rilevano qui le misure in seguito ipotizzate a carico, appunto, di economi (o altri amministratori ecclesiali) e patriarchi nell'eventualità di inosservanza delle norme poste a tutela della corretta gestione finanziaria del patrimonio della chiesa, e ciò anche a nell'interesse del persistere di quelle attività caritative istituzionalmente volte a vantaggio degli indigenti. Nell'ampio ventaglio novellare basti cfr. qui solo NovIustin. 3, 2 e 3.

49 Cfr. l'indirizzo della più che omogenea costituzione di NovIustin. 59, e cfr. il destinatario che è nell'inscriptio di NovIustin. 43, costituzione consonante per contenuto; ma cfr. già CI. 4, 63, 5 (e 1, 2, 4) dell'a. 422 (vd. ora la correzione, dall'a. 409 appunto al 422, di Delmaire, Les lois religieuses, cit., p. 401 s.) relativa ai rapporti di controllo tra praefectus urbi e decani (adde anche CI. 11, 18, 1 [e 1, 2, 9] dell'a. 439). Vale la pena di notare come l'ammontare della pena prevista da Anastasio coincidesse con l'uguale sanzione a suo tempo minacciata, proprio a carico dell'officium del prefetto urbano (evidentemente per culpa in vigilando), nel caso in cui un privato (per il quale, comunque, s'era ipotizzata un'altra grave sanzione patrimoniale) fosse riuscito a dare sepoltura a un defunto, nonostante il divieto, nello spazio costantinopolitano: CTh. 9, 17, 6.

50 Una sintesi è quella in A. Solari, Il rinnovamento dell’impero romano 2. Il primato di Costantinopoli 476-565, Genova-Roma-Napoli-Città di Castello, 1943, p. 39 ss.

51 Per tutte vd. Capizzi, L'imperatore Anastasio I, cit., qui spec. p. 123 ss.

52 Si vd. E. Stein, Histoire du Bas-Empire 2. De la disparition de l’Empire d’Occident à la mort de Justinien (476-565), ed. J.-R. Palanque, Amsterdam, 1968, p. 177 ss.

53 Vd., specifico, C. Capizzi, «Sul fallimento di un negoziato di pace ecclesiastica tra il papa Ormisda e l'imperatore Anastasio I (515-517)», in Critica storica 17 (1980), p. 23 ss. (vd. pure Id., «Un negoziato di pace ecclesiastica fallito (515-517)», in Le relazioni religiose e chiesastico-giurisdizionali,Atti Congr. intern. sulle relazioni tra le due Sponde adriatiche (Bari, 1976), Roma, 1979, p. 46 ss., e in Rivista storica del Mezzogiorno, 11-12 [1976-77], p. 45 ss.); per la chiarezza riassuntiva della vicenda acaciana e perché comunque centrato su anni anastasiani, vd. R. Ronzani, «La lettera “Famuli uestrae pietatis” di Gelasio di Roma all'imperatore Anastasio I (CPL 1667, Ep. 8)», in Augustinianum, 51 (2011), p. 501 ss. (adde Gelasio di Roma, Lettera sulle due nature. Introduzione, testo, traduzione e commento, ed. di R. Ronzani, Bologna, 2011, p. 23 ss.).

54 Su questo cfr. Evagr., Hist. Eccl., 3, 38 (Bidez-Parmentier 136); vd., con altre fonti e letteratura (ma adde J. G. Crow, «The Long Walls of Thrace», in Constantinople and its Hinterland: Papers from the Twenty-seventh Spring Symposium on Byzantine Studies, Oxford 1993, edd. C. Mango-G. Dagron, Aldershot, 1995, p. 109 ss.; J. G. Crow-A. Ricci, «Investigating the hinterland of Constantinople: interim report on the Anastasian Long Wall», in Journal of Roman Archaeology, 10 [1997], p. 235 ss.), Capizzi, L'imperatore Anastasio I, cit., p. 202 ss.

55 Cfr. Evagr., Hist. Eccl., 3, 43 (Bidez-Parmentier 112 s.); vd., con fonti, Stein-Palanque, Histoire du Bas-Empire, 2, cit., p. 184. Chissà che non fosse stato proprio a causa della temporanea forzosa separazione militare dei cittadini delle Siche da tutti coloro che, invece, risiedevano a sud del Corno d'Oro a spingere la cancelleria ad articolare in modo tanto singolare il dettato del pragmaticum – «...[e] senza dubbio le Siche sono una parte della città...» –, quasi che, appunto, fosse necessario ribadire l'appartenenza costantinopolitana di tale area ai fini benefici non appena stabiliti (forse per una specifica richiesta in tal senso dei concittadini delle Sikae momentaneamente 'separati'?); né può dimenticarsi come la zona di Pera sarebbe stata, ancora alla fine del sec. XIX, largamente utilizzata come importante spazio cimiteriale cittadino secondo il ricordo anche di celebri viaggiatori occidentali come quello, per es., dell'italiano Edmondo De Amicis: «Era quello che si chiama il cimitero di Galata: un grande bosco di cipressi, che dalla sommità della collina di Pera scende ripidamente fino al Corno d’Oro» (Costantinopoli, Milano 1877, 4º ed., cit. nella ed. e-book 2002: http://www.liberliber.it/ mediateca libri/d/de_amicis/costantinopoli/pdf/costan_p.pdf, qui 27).

56 Cfr. ancora NovIustin. 59 pr. (Schöll 317, 9 ss.), e vd. Capizzi, L'imperatore Anastasio I, cit., p. 145, di cui sono le parole virgolettate.

57 Vd. L. Magliaro, Arianna. La garante della porpora, Milano, 2013.

58 Peraltro anch'egli scomparso nel 515 (cfr. la testimonianza di Vittore di Tunnuna: infra nt. 61), benché lontano dalla capitale (vd. R. Janin, s. v. «Euphémius», in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastique, 15 [1963], p. 1410 s.).

59 Cfr. per es. Const. Porphyr., De caerimon. 1, 92 (PG112, 785A), e ciò che dice Cedren., Hist. comp. (PG 121, 678C).

60 Fonti in Stein-Palanque, Histoire du Bas-Empire, 2, cit., p. 77 s. ntt.; ma vd. E. Dovere, Percorsi della legittimità imperiale: il chirografo di Anastasio, e Tracce di prassi costituzionale nella narratio di Evagrio, in Id., Medicina legumI. Materiali tardoromani e formae dell’ordinamento giuridico, Bari, 2009, nn. 3 e 8. Il rischio della pericolosa ribellione popolare costantinopolitana nei confronti specifici di Anastasio, quasi che trattavasi di un principe stabilmente 'ostaggio' del favore/disfavore della plebe cittadina, è verificabile anche presso Gelasio: cfr. Ep. ad Anast. imp. (ed. Schwartz) 23, 31-24, 1, 2.

61 Cfr. Vict. Tunn., Chron. ad a. 515 (Placanica 32); adde Stein-Palanque, Histoire du Bas-Empire, 2, cit., p. 216.

62 Per es. cfr. CI. 10, 27, 2, 4, appunto di Anastasio, secondo cui nessuno poteva esser costretto a vendere quella parte dei propri beni indispensabile al fabbisogno personale e a quello della famiglia, poiché «impium enim est suis aliquem privari et aliis ea suppeditare».

63 Cfr., per es., relativamente a un oneroso riscatto di prigionieri di guerra operato grazie ad Anastasio, Marcel. Com., Chron. ad a. 517 (Mommsen 99 s.).

64 Giovanni Lido, per es., riferisce un episodio assai significativo riguardante la beneficenza anastasiana; se ne vd. la ricostruzione testuale in J. Caimi, Burocrazia e diritto nel De magistratibus di Giovanni Lido, Milano, 1984, p. 220 ss.




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